casa sul mare montale analisi

CASA SUL MARE MONTALE ANALISI

EUGENIO MONTALE

Metro: versi endecasillabi, con qualche settenario. Irregolari le rime e le assonanze.


Il viaggio finisce qui:

nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono eguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
i soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.

ANALISI DEL TESTO

Il motivo del viaggio: In questo componimento, Montale riprende il motivo del viaggio, tipico di tanta letteratura decadente e novecentesca, ma ne offre un’interpretazione del tutto personale: il viaggio è giunto alla fine, arrestandosi nell’immobilità della vita e del tempo. L’« anima» è morta, in quanto «non sa più dare un grido» (v. 3), simbolo di liberazione o comunque di vita (si veda anche il T140 di Ungaretti, Tutto ho perduto, al v. 3); quella vita che si è come fermata nel giro dei «minuti … eguali e fissi» (v. 4). Il paradosso dell’esistenza: Ma il paradosso consiste nel fatto che la vita continua, nell’implacabile monotonia delle sue «cure meschine»; il viaggio non è finito, ma, a ben vedere, non è neppure mai cominciato, se si attribuisce, a questo motivo, la possibilità di modificare la situazione di partenza, arricchendola di nuove prospettive e acquisizioni. Un percorso testuale: Il viaggio di cui si parla non ha nessun referente reale, ma è un percorso interamente “testuale”, quello, esemplificato dalle poesie del libro, attraverso una parola che non può sciogliere dubbi né offrire certezze consolatorie (si veda, in particolare, il T143, Non chiederci la parola). Il motivo del mare: Terminando alla «casa sul mare», il viaggio giunge comunque al suo limite estremo, oltre il quale non è possibile procedere. Il confine fra la terra e l’acqua non apre nuove prospettive, ma il mare risulta un termine e un ostacolo invalicabile, superficie opaca e stagnante che «nulla disvela» (a differenza di altri poeti, come Baudelaire e Rimbaud, che avevano visto nel mare il senso profondo di un mistero aperto a nuove esigenze conoscitive). La memoria e il passato: I «pigri fumi» della «marina» (vv. 10-t1) corrispondono alla «poca nebbia di memorie» (v. 17), che viene a recidere anche i ponti con il passato, per l’incapacità della memoria di trattenere in vita le immagini dei ricordi felici (è il motivo sviluppato in particolare dal T147, Cigola la carrucola del pozzo, al quale si può anche ricondurre, su un piano di riprese intertestuali, l’immagine dei «giri di ruota della pompa», sviluppata nei vv. 5-7). La «casa sul mare» diventa quindi una specie di terra di nessuno, sospesa fra la vita e la morte, in un limbo in cui è difficile poter sperare o attendere qualcosa. La figura femminile: Anche qui, all’inizio della terza strofa, Montale si rivolge direttamente a un interlocutore, che rappresenta adesso, più propriamente, una persona vicina al poeta, una figura femminile alla quale si sente affettivamente legato (anche se non è identificabile con precisione, a detta dello stesso Montale). Il destino e la difficile salvezza: A questa persona il poeta vorrebbe poter fornire qualche risposta sul « destino » dell’uomo, che sembra irrimediabilmente condannato dal « tempo »; forse prospettare un’ipotesi di «salvezza» nell’eternità, in cui si plachino – risolvendosi in essa – le inquietudini e le angosce della vita. Ma si tratta di un’ipotesi improbabile, del tutto vaga e remota; «labile» – per riprendere il rapporto fra ricerca interiore e realtà naturali – come «spuma o ruga» (v. 30) nell’incresparsi della superficie del mare. Il poeta non può che augurarla alla sua compagna di avventura terrena, donandole, quasi un gesto di offerta propiziatoria, «l’avara sua speranza »; quella speranza in cui egli, per se stesso, ha cessato di credere.