Carlo V imperatore

Carlo V imperatore

  1. L’elezione di Carlo V al trono imperiale.

Le due potenze che si erano accampate in Italia (la Spagna, col dominio dei regni di Napoli, Sicilia e Sardegna e la Francia, col dominio del ducato di Milano) mantennero il loro accordo (1516) finché una nuova circostanza non venne a mutare l’equilibrio internazionale.

Proprio nell’anno della pace, infatti, morì Ferdinando il Cattolico. Alle trattative con Francesco I ( re di Francia)  partecipò il suo successore, il nipote Carlo d’Asburgo. Figlio di Giovanna la pazza e di Filippo d’Asburgo, Carlo era nato nella città fiamminga di  Gand il 25 febbraio 1500. Ereditava da parte della madre (che era figlia di Ferdinando il Cattolico) la corona di Spagna, con i relativi domini, e da parte del padre (che era figlio di Massimiliano d’Asburgo) i Paesi Bassi e la Franca Contea. Alla morte del nonno Massimiliano nel 1519 ebbe inoltre in eredità i domini asburgici e ottenne la corona imperiale col nome di Carlo V. L’imponente concentrazione di forze nelle mani di un solo sovrano mutò bruscamente il panorama politico europeo.

  1. La politica imperiale di Carlo V.

Con una così larga disponibilità di forze, quale gli veniva dalla concentrazione di tanti domini nelle sue mani (un impero sul quale, come egli soleva affermare, “non tramontava mai il sole”), Carlo V doveva svolgere un ruolo di eccezionale importanza nella vita politica europea.

Carlo V non fece neppure il tentativo di dare una organizzazione unitaria ai suoi domini, ognuno dei quali conservò le sue istituzioni, i suoi ordinamenti , la sua autonomia. Ciò che legava tra loro i vari domini era essenzialmente la persona del sovrano.

Egli si proclamava paladino dell’unità e della pace del mondo cristiano, la concentrazione di poteri nelle sue mani gli appariva come il disegno provvidenziale che aveva come fine la difesa della cristianità, minacciata, durante il suo regno, dall’avanzata turca e dalla riforma protestante. Secondo il suo pensiero, la sua missione avrebbe dovuto essere quella di fronteggiare e sconfiggere, d’accordo con le altre potenze europee, questi due pericoli. Tuttavia tali  principi di unità del mondo cristiano apparivano anacronistici: mentre Carlo V sognava un impero inteso,nel senso medievale del termine, cristiano ed europeo, nella realtà si trovò a gestire impero basato su un intreccio di rapporti e di interessi prevalentemente economici. La stessa alleanza con il papa non fu facile. Tra l’altro proprio il regno di Carlo v vide la più grave frattura religiosa che si sia verificata nella storia europea, una frattura che il giovane imperatore non riuscì a sanare.

La nuova potenza imperiale che si era creata suscitò, dunque, più contrasti che consensi in Europa, soprattutto con la Francia, che si sentiva più direttamente minacciata.

  1. Le guerre d’Italia.

L’incertezza dell’azione svolta da Carlo v contro il movimento protestante in Germania fu dovuta ai molteplici impegni politico- militari ai quali l’imperatore dovette far fronte: accanto alla difesa dell’unità religiosa, la minaccia turca in Austria, in Ungheria e nel Mediterraneo e la lotta contro la Francia impegnarono le energie dell’imperatore. In particolare in questo complesso quadro politico, il motivo più costante fu la contesa con la Francia per il predomino sull’Italia.

La ripresa  della guerra tra Francia e impero ebbe come motivo la contesa per il Milanese. Dopo l’elezione di Carlo V la posta in gioco era più importante. La conquista del Ducato di Milano da parte di Carlo V avrebbe assicurato la saldatura dei domini asburgici con quelli spagnoli. Ciò per la Francia era motivo di grande preoccupazione: essa sentiva minacciata la sua stessa esistenza come Stato indipendente. Per l’imperatore, invece, era importante assicurare continuità ai suoi domini: Milano dal punto di vista geografico si trovava quasi al centro dell’impero e il possesso del suo territorio comportava anche l’egemonia su Genova.

L’Italia era divenuta il terreno di una lotta che aveva come obiettivo l’egemonia sull’Europa.

Carlo V, provocato da Francesco I, mosse verso Milano con il suo esercito e sconfisse il re francese a Pavia (24 febbraio 1525). Francesco I fu fatto prigioniero e costretto a firmare un accordo gravosissimo, che comportava la rinuncia a Milano e a pagare un pesante riscatto.

La vittoria di Carlo V e l’inserimento del Milanese nei domini spagnoli fu visto come una minaccia dagli altri Stati italiani. Il papa Clemente VII e la repubblica di Venezia accettarono quindi l’invito della Francia ad aderire alla Lega di Cognac, stipulata nel 1526. La risposta di Carlo V fu immediata: mandò in Italia un esercito costituito dai cosiddetti lanzichenecchi.

La guerra non era ancora ricominciata quando si verificò un fatto clamoroso: i lanzichenecchi, rimasti senza paga, nel maggio del 1527 saccheggiarono Roma. Il sacco di Roma fu un episodio atroce al quale Carlo V era estraneo.

Francesco I ritenne che il momento fosse favorevole per dichiarare la guerra. Truppe francesi riconquistarono la Lombardia e si spinsero fino al regno di Napoli. Carlo V, in gravissima difficoltà, fu salvato da Andrea Doria, doge di Genova, il quale passò dalla sua parte, mettendo in difficoltà la Francia.

Il 5 agosto 1529 fu stipulata la pace di Cambrai in base alla quale Carlo V rinunziò alla Borgogna ma ottenne la Lombardia. L’anno successivo ricevette dalle mani del papa Clemente VII la corona imperiale.

Dopo una tregua di sette anni, si aprì una nuova fase di guerra. L’occasione al re di Francia fu offerta dal conflitto tra Carlo V e la lega dei principi protestanti  (Lega di Smalcalda). Con una spregiudicata azione diplomatica Francesco I cercò anche un accordo con i Turchi. La guerra ebbe però breve durata e si concluse con la conferma del dominio spagnolo sulla Lombardia e la cessione del Piemonte e della Savoia alla Francia.

A Francesco I, morto nel 1547, successe il figlio Enrico II, che puntando su un accordo con i principi luterani e sulla collaborazione con i Turchi, portò la guerra in Germania, occupandone nel 1552, alcuni territori. Intanto, però, Carlo V giungeva ad un accordo con i principi protestanti (pace di Augusta, 1555) e abdicava, assegnando al figlio Filippo II la corona di Spagna e al fratello Ferdinando I i domini asburgici.

La pace di Cateau- Cambrésis (1559), stipulata tra Enrico II e Filippo II, segnò la vera conclusione del conflitto, in base alla quale la Spagna mantenne i propri domini italiani (Lombardia, Regno di Napoli, Sicilia, Sardegna).