CARLO PORTA BIOGRAFIA

CARLO PORTA BIOGRAFIA

La vita

Di solide origini borghesi, Carlo Porta nacque il 15 giugno del 1775, nel momento di maggior diffusione della cultura illuministica lombarda. Pervaso da questa cultura, Porta divenne poi uno dei maggiori esponenti del romanticismo lombardo.
Studiò presso il collegio monzese di Santa Maria degli Angeli e frequentò un corso di filosofia al Seminario di Milano. Dopo aver trovato lavoro come impiegato nell’intendenza di finanza, fece il contabile in una ditta milanese, l’attore di teatro e il cassiere nella pubblica amministrazione. Morì a Milano il 5 gennaio 1821.
Ammirata già da Foscolo, Manzoni e Stendhal, la poesia del Porta è stata giustamente rivalutata dalla critica contemporanea per la solida cultura e lo straordinario lavoro di scrittura.

Opere

El lava piatt del Meneghin ch’è mort (1793); versione milanese in ottave dell’Inferno (1804-1807); Desgrazzi de Giovannin Bongee (1812); Olter desgrazzi de Giovannin Bongee (1813); La Ninetta del Verzee (1814); Lament del Marchionn di gamb avert (1816); On funeral (1816); Poesie (1817); Il Romanticismo (1819); La guerra di pret (1820).

La poesia dialettale esprime due esigenze fondamentali del Romanticismo: il principio del vero e l’utilità della letteratura. Soltanto facendo esprimere i personaggi della realtà nel loro linguaggio si riesce a ottenere una poesia vera e utile. A Porta interessa, più che la realtà politica, la realtà sociale.
Nella sua opera letteraria, la nobiltà e il clero vengono ritratti come dei sopravvissuti alla rivoluzione, appartenenti a una classe in disfacimento: vecchie dame che assumono un cappellano solo perché la cagnetta preferita gli si struscia fra le gambe, attirata dal salame che quello tiene in tasca (La nomina del capellan); nobildonne che ringraziano Dio di averle fatte nascere nobili invece che plebee e che si sentono ben diverse da chi è “cittadina, merciaia, o simil fango” (La preghiera); anziani preti che si aggirano come ombre per i palazzi nobiliari; monache smonacate che vivono segregate e borbottano perchè si aprono scuole di mutuo insegnamento (Meneghin biroeu di ex monegh). Un mondo, quello delle classi alte, alla deriva, corrotto e prepotente, sciocco e inutile, che sa di povere e muffa come un edificio in rovina.
La simpatia del poeta va piuttosto al popolo, ai miseri e ai derelitti, schiacciati da un potere arrogante, sia esso quello napoleonico o quello austriaco. L’uso di un realismo vigoroso, alieno da compatimenti o retorica, permette al Porta di creare alcune figure che sono veri e propri tipi: Marchionn, un povero sciancato, abbindolato da una donna, che si fa sposare per poi abbandonarlo con un neonato da accudire (Lament del Marchionn di gamb avert); Giovannin Bongee, un popolano vittima dei prepotenti, della moglie e del padrone, ritratto dal poeta con simpatia e cordialità (Desgrazzi de Giovannin Bongee; Olter desgrazzi de Giovannin Bongee); Ninetta, la prostituta del Verziere, che racconta a un cliente le sue turpi disgrazie e le sue patetiche miserie in un dialetto che sa rendersi appassionato e malinconico (Ninetta del Verzee).

Bibliografia
Petronio G. L’attività letteraria in Italia, 1970, Palumbo
Cudini P., Conrieri D. Manuale non scolastico di letteratura italiana. 1992, Milano, Rizzoli