Carica elettrica

Carica elettrica

Introduzione all’elettricità

FONTE:https://digilander.libero.it/danilo.mauro/index.html


La parola elettricità deriva dal greco élecktron che significa ambra. La ragione di questa etimologia è presto spiegata: la proprietà dell’ambra di attirare pezzi di carta se strofinata è nota da millenni. Tali proprietà sono riportate ad esempio nel De rerum natura di Lucrezio, il primo grande poema di divulgazione scientifica, del I secolo a.C.

Molte altre sostanze, come il vetro o il plexiglas, hanno la proprietà di elettrizzarsi per strofinio o per contatto. Ad esempio, strofinando un pettine, il pettine acquista la proprietà di attrarre dei pezzetti di carta posti nelle vicinanze. Avvicinando oggetti costituiti dallo stesso materiale (ad esempio vetro-vetro oppure plexiglas-plexiglas) si ha una repulsione. Viceversa, se avviciniamo due oggetti costituiti da materiali diversi, come ad esempio il vetro e il plexiglas, possiamo avere un’attrazione elettrostatica.

Il primo che propose una spiegazione di questi fenomeni abbastanza vicina a quella attuale fu Benjamin Franklin nel Settecento. Nello strofinio o nel contatto una certa quantità di elettricità passa da un corpo all’altro (oggi diciamo che quella che si trasferisce è una certa carica elettrica). Se strofiniamo il vetro con la lana il vetro si carica positivamente e la lana negativamente, se invece strofiniamo il plexiglas con la lana abbiamo che la lana si carica positivamente e il plexiglas negativamente. Un corpo non elettrizzato si dice che è elettricamente neutro.

La storia più recente dell’elettricità va di pari passo con lo sviluppo dei vari modelli di atomo. Il primo modello di atomo venne proposto da Democrito nel 400 a.C. La parola atomo in greco significa indivisibile. In realtà l’atomo, come lo intendono i fisici al giorno d’oggi, non è più indivisibile. Nel 1897 Thompson rilevò sperimentalmente l’esistenza dell’elettrone, una particella di carica negativa presente all’interno dell’atomo. Nel 1909 Millikan dimostrò sperimentalmente che l’elettrone è la più piccola carica esistente in natura. In altre parole, la carica elettrica è una grandezza fisica quantizzata, ossia la carica elettrica non varia con continuità ma ogni carica elettrica esistente in natura deve essere un multiplo intero della carica di un elettrone. Sono proprio gli elettroni a trasferirsi da un corpo all’altro per strofinio o per contatto determinando così il trasferimento della carica elettrica.

Nel 1911 Rutherford propose il suo modello di atomo costituito da un nucleo centrale, carico positivamente e dagli elettroni, carichi negativamente. Inizialmente il modello di atomo di Bohr proponeva per gli elettroni delle traiettorie simili a quelle dei pianeti attorno al Sole. Oggi invece la meccanica quantistica ci dice che non possiamo parlare di traiettorie per gli elettroni ma solo di probabilità di trovare l’elettrone in una certa regione dello spazio attorno al nucleo.

Oggi sappiamo anche che i materiali, a seconda delle loro proprietà elettriche, si distinguono in tre grandi categorie:

conduttori, come i metalli, in cui gli elettroni sono liberi di muoversi,

gli isolanti, come la plastica o il vetro, in cui le cariche elettriche non sono libere di muoversi ma rimangono fisse nel punto in cui vengono a trovarsi, ad esempio in seguito a uno strofinio,

semiconduttori che hanno proprietà intermedie che variano al variare della temperatura.

I conduttori possono essere facilmente elettrizzati per contatto. Infatti, in un conduttore le cariche elettriche sono libere di muoversi. Pertanto, se poniamo a contatto un conduttore carico con un conduttore neutro, parte delle cariche elettriche passeranno dal conduttore carico a quello neutro e alla fine entrambi i conduttori risulteranno carichi elettricamente.
Concludiamo questa sezione menzionando una proprietà importantissima della carica elettrica: la carica elettrica si può trasferire da un corpo all’altro ma non si può né creare né distruggere (principio di conservazione della carica elettrica).

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