CAPITOLO 1 PROMESSI SPOSI RIASSUNTO

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Descrizione dei luoghi dove si ambientano le prime fasi del romanzo: il lago, i monti che lo circondano, il fiume Adda, la città di Lecco e i paesini circostanti. Il narratore descrive i luoghi come se li vedesse dall’alto.

Situazione delle terre descritte sotto la dominazione spagnola: soldati stranieri che commettono violenze, furti e soprusi. Descrizione delle sponde del lago, dei monti dei paesini, e delle stradine che li collegano. Il punto di vista è quello di un osservatore posto sulle pendici delle montagne circostanti.

La passeggiata di don Abbondio Don Abbondio passeggia, come d’abitudine, leggendo il breviario, ma a una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, vede due loschi personaggi, due bravi, cioè due sicari. Descrizione dei due bravi fermi vicino all’incrocio: capelli lunghi racchiusi in una reticella dalla quale esce solo un grande ciuffo che ricade sulla fronte, e una ricchissima dotazione di armi d’ogni tipo.

Vengono citate le molte leggi, dette gride, che prevedono pene severissime per i bravi, che sono i sicari dei potenti. L’Autore tra una citazione e l’altra — propone considerazioni ironiche sull’inefficacia di queste e altre gride.

Don Abbondio e le minacce dei bravi

Comprendendo che i bravi stanno attendendo lui, don Abbondio cerca vie di fuga o eventuali testimoni, ma poi, vista l’assenza delle une e degli altri, si avvicina ai due fingendosi tranquillo. I bravi gli sbarrano la strada e gli impongono, con le minacce, di non celebrare il previsto matrimonio tra due giovani del luogo: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Don Abbondio, spaventato, si dichiara più volte disposto all’obbedienza, specie quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. Fatta la loro ambasciata i due figuri si allontanano. Le minacce dei due bravi si inseriscono nel clima di sopraffazione che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione spagnola: i potenti possono impunemente commettere ogni tipo di violenza, mentre i deboli sono costretti a subire e non sono protetti dalla Giustizia. Fin dalla fanciullezza, don Abbondio si rivela un debole e un timoroso, incapace di affrontare le difficoltà della vita in un’epoca tanto violenta. La sua scelta sacerdotale nasce allora dal desiderio di appartenere ad una classe privilegiata e protetta, e non da una vera vocazione religiosa.

Ma per poter stare ancora più tranquillo, don Abbondio elabora un proprio “sistema di vita” fatto di paura, di servilismo, di opportunismo che lo induce a stare sempre dalla parte del più forte, di cattiverie verso i più deboli, di critiche a chi non pensa ai fatti propri. Inizia il soliloquio di don Abbondio. Come parlando tra sé egli immagina le reazioni di Renzo e ripensa a ciò che avrebbe dovuto dire ai bravi. Infine inveisce segretamente contro don Rodrigo.

Giunto a casa propria, il curato chiama Perpetua, la sua serva: una donna decisa, ma un po’ bisbetica e pettegola. Dopo qualche esitazione, si confida con lei, ma non accetta i suoi saggi consigli. Infine, stremato, va a dormire, raccomandando alla domestica la massima riservatezza.