CANTO XIII INFERNO

CANTO XIII INFERNO

INCONTRO CON PIER DELLA VIGNA

Dante è appena giunto nella selva dei suicidi. Qui spezza un ramo sotto consiglio di Virgilio, dal quale escono grida sanguinose. Appartengo al personaggio storico di Pier Della Vigna: uomo di corte fedele al suo signore Federico II ma, accusato di tradimento a favore del papa, venne arrestato e incarcerato nel carcere di Pisa. Non sopportando il disonore di questa infausta sorte si suicidò.

Dante lo colloca nel girone dei suicidi perché la sua mente è stata oscurata dalla superbia di mettere a tacere i propri detrattori, inducendolo ad un atto contro la legge divina, che obbliga al rispetto per la vita.


CONDIZIONE SUICIDI E GIUDIZIO UNIVERSALE

Su richiesta di Virgilio, Pier Della Vigna descrive la condizione e la pena dei suicidi: Minosse emette la sentenza mandando queste anime di peccatori nel VII cerchio, dedicato ai violenti contro se stessi. Qui queste anime mettono radici, rami e fronde, le immonde Arpie si poggiano sui rami e si cibano delle foglie procurando dolore e al tempo stesso sfogo al dolore . Queste anime non potranno mai ricongiungersi con il corpo, infatti, dopo la resurrezione finale, le spoglie inermi saranno trascinate e appese ciascuna all’albero nato dalla propria anima ostile.


GLI SCIALACQUATORI E LA CACCIA INFERNALE

L’episodio dei due scialacquatori inseguiti da un branco di cagne fameliche ripropone un notissimo tòpos dell’immaginario medievale: la «caccia infernale». Il nucleo originario della leggenda è antichissimo e si ricollega alle mitologie nordiche del ciclo di Odino e di quello dei Nibelunghi. Dalla tradizione pagana, la caccia infernale, passa in quella cristiana (XI e XII) assumendo le caratteristiche di punizione riservata in particolare ai colpevoli dei peccati d’amore.

La scena è sostanzialmente la stessa, pur con qualche variante: l’anima del peccatore viene inseguita da belve, demoni, chimere finchè non viene raggiunta e si fa strazio del suo corpo.