CANTO 10 INFERNO ANALISI
-In questo canto i due poeti hanno varcato la porta della città di Dite e si apprestano a incontrare due personaggi molto importanti per Dante:Farinata degli Uberti, capo di fazione ghibellina che, con l’appoggio di Manfredi, fu uno dei principali artefici della vittoria di Montaperti nei confronti dell’esercito guelfo fiorentino; e Cavalcante dè Cavalcanti, padre del migliore amico di Dante, Guido. La presenza di Farinata e il dialogo che Dante ha con questo fanno del 10º canto un canto politico, come il sesto.
Il canto si apre con un dialogo tra Dante e Virgilio: il primo manifesta il desiderio di vedere chi si trova all’interno dei sepolcri,che non sono chiusi; Virgilio gli risponde in modo esauriente, informandolo che nella città di Dite sono collocati gli eretici e gli epicurei e che quando giungerà il giorno del Giudizio Universale la loro anima si ricongiungerà col corpo e verranno rinchiusi definitivamente nella tombe. In questo dialogo Dante chiama Virgilio “virtù somma” (v. 4) per innalzare il tono stilistico del canto.
Il dialogo viene interrotto bruscamente da una voce, quella di Farinata, che utilizza parole cortesi ma ferme per mettere in luce il magnanimo e fiero ghibellino che era stata che continua ad essere, avendo “l’Inferno a gran dispitto”. Farinata chiede a Dante chi erano i suoi antenati e, riconoscendo in loro i membri di una famiglia avversa, compie un gesto di disappunto sollevando le ciglia. Quindi comincia un duello a parole tra i due personaggi: Farinata ricorda le due vittorie ghibelline sottolineando il fatto che gli avversari vennero annientati; Dante all’ora in un primo momento si difende precisando che i guelfi non furono annientati ma solamente esiliati, poi “contrattacca” dicendo che i guelfi nonostante furono esiliati due volte ebbero la capacità di ritornare, mentre ghibellini, e precisamente gli Uberti, no.
Il dialogo tra Dante e Farinata viene interrotto da un’ “ombra” (v. 53), quella di Cavalcante de’ Cavalcanti, fiorentino di parte guelfa e avversario di Farinata, che, ansioso, chiede “piangendo” e “in ginocchie” dove si trovi sul figlio. La figura di Cavalcante rispetto a quella di Farinata è molto diversa, per almeno tre aspetti: l’orientamento politico, poiché Farinata è ghibellino e Cavalcante è guelfo; la postura, poiché Farinate è “dritto”, completamente alzato, mentre Cavalcante è in ginocchio; il carattere, poiché Farinata è un personaggio con un animo forte, che non ha paura dell’inferno, anzi lo disprezza, mentre Cavalcante parla piangendo, è ansioso di sapere dov’è suo figlio e quando Dante utilizza il passato “ebbe” ricade subito nella tomba.
Quindi prosegue il dialogo con Farinata degli Uberti, che profetizza al poeta il futuro esilio e vuole sapere da Dante perché i fiorentini sono così crudeli nei confronti della sua famiglia. Quello gli ricorda che la battaglia di Montaperti è un evento ancora vivo nella memoria e indimenticato dai fiorentini e questa è la ragione per cui questi hanno deciso di essere così ostili nei confronti dei Uberti. Farinata cercando di difendersi afferma però che fu lui solo è che riuscì ad impedire la distruzione di Firenze, voluta dagli altri ghibellini.
Dante poi volle sapere da Farinata un’altra cosa: se i dannati vedono il futuro. Quello dice di sì e si paragona ad un presbite, capace di vedere bene le cose lontane e male quelle vicine. Inoltre dice che questo è l’unico dono che Dio gli ha fatto. Poi Farinata fa due nomi dei personaggi più importanti del cerchio: nomina Federico II e “il Cardinale” verosimilmente Ottaviano degli Ubaldini, ghibellino e vescovo di Bologna.
In questo canto Dante fa un omaggio al suo migliore amico Guido Cavalcanti inserendo nel dialogo con il padre Cavalcante le tre parole (nome, come, lume ) che Guido utilizzò in una sua bellissima poesia, “Donna me prega” per fare una rima.