BREVE SINTESI DELLA VITA DI GUGLIELMO IL MARESCIALLO

BREVE SINTESI DELLA VITA DI GUGLIELMO IL MARESCIALLO

Le origini di Guglielmo sono alquanto oscure, si conosce il nome del nonno paterno, Gilberto, che probabilmente era figlio o nipote di uno degli avventurieri che seguirono in Inghilterra Guglielmo il conquistatore. Gilberto era stato Maresciallo di corte presso il re d’Inghilterra Enrico I; di qui il suo soprannome che divenne il cognome della famiglia.
All’epoca i Marescialli erano assimilati ai domestici e non erano neppure ai gradi più alti nella gerarchia dei servitori, erano subordinati al connestabile, uno degli ufficiali superiori incaricato delle scuderie del signore. Considerato che dall’anno mille in poi, l’importanza della cavalleria nelle azioni militari si era estesa sempre più, anche le funzioni di questi domestici avevano acquistato maggior rilievo e valore politico, ed erano divenute ben presto ereditarie.
Alla morte di Gilberto, verso il 1130, il figlio maggiore Giovanni, padre di Guglielmo, ne ereditò il titolo e le prerogative conservandole anche quando lasciò definitivamente la corte del Re.
 Giovanni il Maresciallo doveva la sua fortuna al fatto di aver salvato, a rischio della vita, Matilde, madre del re Enrico Plantageneto, durante i disordini scoppiati per la successione di Enrico I nel 1135; si sposò due volte e dalla seconda moglie ebbe quattro figli maschi, il secondo dei quali era Guglielmo.
Come figlio cadetto Guglielmo era destinato a conquistarsi una posizione con le sue sole forze e, per tale motivo, venne inviato dal padre in Normandia presso lo zio Guglielmo di Tancarville, uomo potente e ben visto a corte, che aveva l’incarico di allevare il giovane e farne un cavaliere. Dopo l’investitura a cavaliere Guglielmo fu informato che ormai doveva contare solo su se stesso, e che non sarebbe stato più mantenuto da Tancarville e che, dall’ora in poi, sarebbe dovuto andare «in giro per il mondo» e «conquistare il proprio premio» da solo.
Guglielmo era ormai un uomo, cinta la spada aveva ricevuto un potere che era in primo luogo un potere su se stesso; era come se fosse venuto al mondo una seconda volta.
Con l’andare errando cessava la tutela sotto la quale si era svolta la sua formazione e cominciava la libertà, ma anche il pericolo. All’epoca era questo il passaggio principale dell’esistenza maschile.
Da quel momento in poi Guglielmo si distinse in tutti i tornei ai quali partecipò, conquistando i favori dei signori che desideravano ingaggiarlo nelle loro squadre, suscitando così le invidie degli altri cavalieri meno stimati e meno generosi di lui, infatti, secondo il costume cavalleresco, Guglielmo non teneva per sé i premi conquistati nei tornei, ma li elargiva con grande generosità come si confaceva ai cavalieri più coraggiosi e leali.
Egli non si arricchì mai con le sue imprese, ma si procurò i mezzi per avere sempre le migliori armi e il miglior seguito per rafforzare la sua fama di miglior cavaliere.
Conquistò tale fama che il re Enrico II lo designò «per custodire e istruire il giovane re d’Inghilterra» suo figlio Enrico il giovane, allora quindicenne. Da questo momento in poi Guglielmo entra a far parte della corte reale e, tra alterne vicende, crea la sua fortuna.
Quasi cinquantenne ottiene dal re Riccardo cuor di leone l’onore più ambito, la mano di Isabella di Stringuil, che per l’enorme ricchezza della dote era il partito più desiderato del regno. Col matrimonio Guglielmo entra nella cerchia dei «signori» la sua grande fortuna è fatta

2) SPIEGAZIONE DEL PERCHE’ L’AUTORE INIZIA LA BIOGRAFIA DEL PROTAGONISTA DALLA FINE:

Nella società medievale gli eventi importanti nella vita di un uomo, quelli che ne segnavano il destino e la fama, erano tre: l’investitura della spada quando venivano fatti cavalieri; il matrimonio che li consacrava “signori” facendoli uscire dalla condizione di “giovani” che non era legata all’età ma alla condizione di celibe; la morte che per un uomo importante doveva essere una bella morte, doveva svolgersi come a teatro davanti a un pubblico numeroso e attento.
Ecco perché la biografia di Guglielmo nel racconto di Duby inizia dalla sua lunga agonia e dalla morte seguita dal grandioso funerale proprio per sottolineare la grandezza del personaggio attraverso il rituale solenne con il quale il moribondo, nel lasciare la vita terrena, dispone della sua successione e della sua sepoltura e si spoglia dei poteri terreni prendendo i voti di templare, in maniera tale che ne derivi ulteriore lustro alla sua casata.

3) I VALORI PIU’ IMPORTANTI PER GUGLIELMO:

I valori più importanti per Guglielmo erano quelli che potevano consentirgli di conquistare il successo e una posizione adeguata nella scala sociale: il coraggio, la lealtà, la cortesia e la prodigalità intesa come generosità verso i sottoposti e gli sconfitti.

4) IMMAGINE DEL MEDIOEVO CHE EMERGE DAL LIBRO:

La società del periodo medievale viene in questo libro dettagliatamente rappresentata. I valori ritenuti di rilievo nell’ambito di quel periodo storico erano, apparentemente, quelli basati sui codici cavallereschi, in base ai quali il coraggio, la lealtà, la cortesia e la prodigalità facevano di un uomo un signore.
Nella realtà invece dietro questi valori si celavano comportamenti finalizzati alla conquista del potere e conseguentemente delle ricchezze. Spesso questi comportamenti erano intrighi e tradimenti.
Nell’ambito di quella società le donne rappresentavano uno dei mezzi per raggiungere la ricchezza ed il potere. Infatti solo con un matrimonio di rango il cavaliere poteva conquistare le ricchezze apportate con la dote.
Grande rilievo comunque aveva l’appartenenza ad un casato e il mantenimento nelle mani del capo famiglia di tutte le ricchezze e delle investiture che davano lustro al casato stesso. La successione ereditaria avveniva quindi per primogenitura.

5) IDENTIFICAZIONE DELLE FONTI USATE DALL’AUTORE PER SCRIVERE LA BIOGRAFIA

La fonte principale cui attinge Duby è il poema “la Chanson de geste” che l’erede, Guglielmo il giovane, commissionò ad un artigiano il cui mestiere era quello di comporre canzoni e di cui si conosce solo il nome: Giovanni.
L’autore utilizza il dialetto della Francia occidentale che era la lingua della buona società inglese e dei suoi re, che erano Angioini. Duby ci dice che questa è la biografia più antica che si conosce in questa lingua e che il manoscritto che ci è pervenuto non è sicuramente l’originale, ma una copia contemporanea forse commissionata da qualche stretto parente in occasione di un matrimonio.
Giovanni l’anonimo non attinge dalle cronache dell’epoca, ma si basa sui racconti di coloro che furono nella stretta cerchia del Maresciallo e in particolare sui ricordi di Giovanni d’Early, scudiero di Guglielmo e testimone oculare di gran parte delle sue imprese.
Duby ha potuto verificare l’attendibilità storica di questa fonte attraverso l’opera di due illustri medioevalisti, Paul Meyer e Sidney Painter, quest’ultimo, in particolare, con il suo libro Willam Marshall, Knight-errant, Baron and Regent of England, pubblicato nel 1933, offre tutti i dati complementari necessari a Duby per la sua biografia.

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