BREVE BIOGRAFIA DI TORQUATO TASSO
BREVE BIOGRAFIA DI TORQUATO TASSO
Nasce a Sorrento nel 1544, da Bernardo autore dell’Amadigi, costretto a seguire il suo signore, principe Ferrante Sanseverino di Salerno, accusato di essere un ribelle dal viceré spagnolo e condannato all’esilio. Lo segue a Roma dove arriva anche il piccolo Torquato che lascia la madre e che non la vedrà mai più perché muore dopo due anni. A Urbino è educato alla corte di Guidubaldo II. Studia legge a Padova ma poi passa a filosofia ed eloquenza; sempre a Padova scrive il Rinaldo, poema cavalleresco
A Bologna, continua gli studi e viene mandato via dall’università per aver scritto una satira contro alcune giovani dame della città . Infine, ancora a Padova, termina gli studi. Nel 1565 è gentiluomo di corte presso il cardinale Luigi d’Este. Con lui va a Parigi nel 1570 ma verrà licenziato per oscuri motivi e torna in Italia dove passa al servizio del fratello del cardinale, Alfonso II di Ferrara. Il periodo ferrarese è per lui il più sereno: scrive l’Aminta, la fa rappresentare e porta a termine, prima dei trent’anni, la prima stesura della Gerusalemme Liberata.
Iniziano i suoi disagi psichici, alimentati dal timore di aver scritto un’opera empia e non rispettosa delle troppe regole che la critica letteraria del tempo poneva agli autori. Manda a due tribunali dell’Inquisizione, Bologna e Ferrara, il poema ed ottiene giudizio favorevole ma la cosa non serve a rasserenarlo. Le critiche dei letterati, e dei puristi della lingua, sono invece molto aspre. Un giorno si sente spiato e accoltella un servo. Scappa a Sorrentodalla sorella, ma si presenta a lei volutamente irriconoscibile, travestito da mendicante lacero e male in arnese. La sorella infatti non lo riconosce e lui coglie l’occasione per un’altra reazione isterica di autocommiserazione. La sua complicata nevrosi ossessiva è ormai conclamata
Torna a Ferrara, viene perdonato dalla corte, ma scappa ancora. Si rifugia a Torino presso il marchese Filippo d’Este. Scappa anche da lì e arriva a Ferrara nel 1579, durante le terze nozze del duca Alfonso. Non sentendosi considerato, perché la corte è tutta impegnata nei preparativi della festa, dà nuovamente in escandescenze insultando molte persone e i medesmi Estensi. Rinchiuso nel carcere-manicomio di Sant’Anna vi passa sette anni, alternando momenti di lucidità , in cui scrive, a momenti di pazzia che lo vedono spesso recluso in isolamento. È però leggenda che venisse trattato male o costretto alle catene per lunghi periodi.
Nel1586, Vincenzo Gonzaga, cognato del duca, garantisce per lui e lo porta con sè a Mantova. Scappa ancora, a Roma va ospite di Scipione Gonzaga a cui aveva scritto durante la reclusione, descrivendo il suo stato di cattiva igiene e sofferenza. Soggiorna per breve tempo a Firenze, Mantova e Napoli. A Roma è ospite anche dei nipoti di papa Clemente VII, gli Aldobrandini.
Muore il 25 aprile del 1595, mentre si svolgevano le pratiche per la sua incoronazione poetica fortemente voluta dal papa.
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