BIOGRAFIA DI VERCINGETORIGE

BIOGRAFIA DI VERCINGETORIGE

BIOGRAFIA DI VERCINGETORIGE


Vercingetorige (latino: Vercingetorix, “Il grandissimo re dei guerrieri”; 80 a.C. – Roma, 26 settembre 46 a.C.) è stato un principe e condottiero gallo. Figlio del nobile Celtillo, fu re degli Arverni, influente popolo gallico insediato nell’attuale regione dell’Alvernia. Nel suo disegno di respingere l’invasione romana, riuscì a coalizzare la maggioranza dei popoli gallici e dei loro comandanti.

Quasi certamente il giovane arverno prestò servizio militare nell’esercito romano e addirittura fu amico di Cesare, che ne apprezzava la vigoria fisica e il coraggio, ma quando nel 53 a.C. un’insurrezione anti-romana infiammò l’intera Gallia, egli si ricordò da dove proveniva, e decise di aiutare il suo popolo imbracciando le armi e assumendone la guida verso la libertà.

Dotato di enorme carisma, a Gergovia, dove era nato, tenne un infuocato discorso in nome dell’indipendenza e contro le mire espansionistiche di Cesare, con parole che arrivarono dritte al cuore e all’orgoglio di migliaia di concittadini che decisero di ascoltarlo e seguirlo.

Tuttavia, i capi degli Arverni si opposero al disegno di Vercingetorige, e il suo ambizioso zio Gobannizione, che vedeva in lui (a ragione) un pericoloso avversario politico interno, ne approfittò per farlo esiliare.

Ma come poteva arrendersi un giovane di quella tempra, orgoglioso delle proprie origini e consapevole della responsabilità che esse comportavano, fiero oppositore di ogni forma di servitù, dotato di forza immensa e coraggio straordinario, ideatore di uno spregiudicato progetto politico che vedeva nell’unione di tutti i popoli della Gallia il segreto per resistere e vincere?

E infatti fece tutt’altro: supportato dal profondo convincimento delle idee che propagandava e da una dialettica efficace e formidabile, arruolò attorno a sé un numero impressionante di poveri, diseredati, delinquenti pronti a combattere in nome della causa comune, finché la fazione opposta non venne definitivamente battuta.

Ora Vercingetorige era il capo supremo del popolo per volere e acclamazione dello stesso, nelle sue mani di valoroso combattente e nella sua testa di abile stratega era riposto il destino degli Arverni e delle genti galliche che nel frattempo si erano alleate con loro in funzione anti-imperialistica; il giovane re riuscì a reclutare ottime truppe prendendo a modello l’esercito romano, che conosceva bene e che reputava superiore a quello gallico tradizionale.

Abile e intelligente, dal punto di vista tattico Vercingetorige commise un solo errore, che purtroppo si rivelò fatale, ovvero rinunciare alla guerra di movimento preferendo asserragliarsi nella roccaforte di Alesia con circa 80000 uomini, supportati da altri 200000 guerrieri all’esterno, che dopo mesi di strenua resistenza, si arresero per fame.

Fu così che Cesare, alla fine, vinse; Vercingetorige, che avrebbe potuto mettersi in salvo fuggendo, si presentò al cospetto del vincitore e si lasciò catturare; la sua resa rappresenta una delle pagine più alte per intensità umana ed emotiva che la Storia antica ci abbia tramandato, raro e sublime esempio di assoluta generosità di un capo verso la sua gente e la imprenscindibile cultura degli avi che fino alla fine deve essere onorata, momento epico rappresentato in decine di famosi dipinti che nei secoli hanno inteso celebrarlo e renderlo indelebile nella memoria dei posteri.

E Cesare cosa fece? Come si comportò nei riguardi di quel trentenne coraggioso che era stato ad un passo dall’umiliarlo?

Quell’ ipocrita mito della clemenza che lui stesso aveva astutamente alimentato per pure ragioni demagogiche, non poteva di certo valere nei confronti di un nemico tanto ostico e scomodo, pertanto, dopo un’indecisione durata sei anni sulla sorte da assegnare all’illustre prigioniero, alla fine lo espose in trionfo come fosse un fenomeno da baraccone e lo fece uccidere; troppo forte, impavido e orgoglioso, quindi pericoloso, Vercingetorige, per lasciarlo vivere.

Chi avesse la possibilità, un giorno o l’altro, di recarsi nella Borgogna francese, non perda l’occasione di visitare il luogo in cui si svolse l’epica battaglia di Alesia, regione amena e di incancellabile memoria, dove attualmente si staglia una grande statua raffigurante l’eroe della Gallia in tutta la sua impressionante prestanza fisica (nella foto); Cesare lo uccise grazie alla superiorità delle armi, ma lo rese un mito che, a distanza di secoli, moralmente continua a surclassarlo.

Fonte: WIKIPEDIA, www.historyblog.it/

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