BATTAGLIA DEL LAGO TRASIMENO 217 AC
BATTAGLIA DEL LAGO TRASIMENO 217 AC
Annibale, abbandonata la Gallia Cisalpina, era sceso in Etruria e si stava dirigendo verso Roma. Le devastazioni dell’esercito cartaginese costrinsero Flaminio a spostarsi dalle basi di Arezzo e a dirigersi verso sud per cercare di intercettare Annibale. L’altro console, Gneo Servilio Germino, nel frattempo, essendo partito da posizioni ancora più lontane, stava marciando lungo la nuovissima Via Flaminia per ricongiungersi al collega, proprio che lo stesso l’aveva costruita tre anni prima.
Annibale, ovviamente, avrebbe rischiato troppo provando a combattere con i due eserciti consolari riuniti e non attese il ricongiungimento. Alla sera, accampò le sue truppe appiedate sulle colline sopra il Lago Trasimeno e nascose in una gola la micidiale cavalleria numidica, di cui i romani ancora non avevano afferrato l’importanza tattica.
La mattina era nebbiosa. Le quattro legioni di Flaminio, non essendo a conoscenza della posizione del nemico, procedevano senza particolari atteggiamenti difensivi. D’altra parte, le loro metodologie belliche erano ancora ferme allo scontro frontale, ben dichiarato e con il nemico schierato di fronte. Annibale non schierò le sue truppe, ma le scatenò proditoriamente sulla colonna in marcia, che venne stretta fra le colline e le rive del lago e accerchiata. Fu, appunto, un massacro in cui persero la vita 15.000 romani, uccisi sul campo, mentre “diecimila, sparsamente fuggendo per tutta l’Etruria, giunsero a Roma per diverse vie” (Livio, XXI,7,2). A questi si aggiunsero i prigionieri che Polibio (III, 85) stima in un numero di più di quindicimila.
Lo stesso console Flaminio, che cinque anni prima aveva distrutto Milano, fu ucciso da un cavaliere insubre di nome Ducario. Quest’ultimo – racconta Livio – “cacciati gli sproni nel ventre del cavallo, si gettò impetuosamente in mezzo alla foltissima schiera dei nemici ed abbattuto prima lo scudiero che si era lanciato incontro a lui che avanzava minaccioso, trafisse il console con la lancia” (Livio, Storia di Roma, 22,6).
Il giorno dopo vennero sconfitti anche alcuni reparti di cavalleria di Servilio, appena arrivati, che si scontrarono con la cavalleria numidica di Maarbale.
Qualche migliaio di superstite delle legioni si disperse in Etruria o riuscì a raggiungere Roma.
Contrariamente a quanto accaduto con la battaglia della Trebbia, questa volta il disastro non venne nascosto: il Trasimeno era troppo vicino. Servilio assunse il comando delle forze navali, Marco Attilio Regolo sostituì Flaminio al consolato, ma, come sempre nelle più dure avversità, Roma nominò un dittatore: Quinto Fabio Massimo, che passerà alla storia come cuncator (“temporeggiatore”).
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