BAROCCO QUADRO STORICO

BAROCCO QUADRO STORICO

Quadro storico


Dopo la pace di Cateau-Cambresis (1559) con la quale si pone fine alla contesa tra la Francia e la Spagna, muta l’assetto territoriale dell’Italia, divisa in stati piccoli e grandi, posti direttamente o indirettamente sotto l’influenza spagnola.

La carta geografica dell’Italia agli inizi del 600 appare assai frazionata. A nord il Ducato di Milano, il Ducato di Savoia, la Repubblica di Venezia, la Repubblica di Genova, il Ducato di Parma, Piacenza, Farnese, il Ducato di Ferrara, Modena e Reggio. In Toscana domina Cosimo De’ Medici tranne la Repubblica di Lucca, e lo Stato dei Presidi rispondente a parte dell’attuale Grosseto e all’Isola d’Elba.

La parte centrale della penisola resta formata dallo Stato Pontificio, mentre quella meridionale dal Regno di Napoli con la Sicilia e la Sardegna. Ad eccezione del Ducato di Savoia e della Repubblica di Venezia, gli altri stati subivano l’ingerenza della Spagna, che governava direttamente due domini importanti come la Lombardia e il Napoletano. La presenza spagnola in Italia comportò una crisi politica, economica e sociale.


Quadro culturale.

Nel campo culturale il Seicento è definito con una categoria applicata alle arti figurative: il Barocco, che ha un’accezione inizialmente negativa. Appare come un momento di pausa dopo il prevalere dei canoni armonici e razionalisti della classicità, in favore degli elementi asimmetrici.

Molti studiosi tendono ad unificare la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento sotto etichetta della età della Controriforma o Riforma cattolica, con riferimento alla situazione politico-religiosa dell’età successiva al concilio di Trento.

Altri analizzando i rivolgimenti del gusto nel campo artistico e letterario parlano di età del Barocco, opponendola in modo radicale all’età del Rinascimento. Di recente trova sempre più credito l’idea di un’età del Manierismo per meglio sottolineare il graduale passaggio dal Rinascimento al Barocco; così come per sottolineare l’evoluzione fra il gusto barocco e il ripristino del classicismo nel settecento si tende a marcare come l’età di transizione l’età del “barocchetto” o dello “stile rococò”.

Il termine “barocco” originariamente aveva una connotazione negativa. Tra Cinque e Seicento con il termine “barocco” si indica un argomento stravagante e contorto. Questa accezione, estesa all’arte, subì l’influsso dell’aggettivo francese “baroque” che vuol dire bizzarro. Nel Settecento il barocco continua da avere una connotazione negativa come mostra la stroncatura del De Sanctis, che definì “esaurita e impaludata” la vita morale del 600, “vuota di idee e di sentimenti” e “ridotta al gioco di forme” la letteratura di quel secolo.

Verso la fine del XIX si registra un processo di revisione nel giudizio sull’arte barocca per mezzo dello storico dell’arte Enrico Wolfflin per il quale l’arte classica e l’arte barocca non sono in opposizione ma esiste un’evoluzione della prima verso la seconda. L’arte barocca non è inferiore a quella rinascimentale ma diversa.

Il Rinascimento produce un’arte che esprime la serenità della vita; il Barocco si propone di dare altre impressioni, esso vuole commuovere e colpire immediatamente con la potenza della passione. Quello che essa esprime non è tranquilla animazione, ma eccitazione, estasi, ebbrezza.

Il barocco rappresenta non la soddisfazione ma la scontentezza e l’irrequietezza. Si fa strada la concezione di classico e barocco come di due categorie di reciproco rapporto di continuità cronologica. Dal punto di vista letterario il Seicento presenta una “svogliatura”, cioè senso di stanchezza, cioè un senso di stanchezza per la letteratura perfetta e classicamente composta del secolo precedente. Nasce di qui l’ansia irrequieta di novità, che induce a raggiungere il raro, il difficile, l’imprevisto, cioè l’arte della “meraviglia”.

I poeti secentisti determinarono la rottura di regole a favore di una combinatoria di elementi stilistico-retorici. La poetica dei secentisti fa ricorso all’ingegnosità, all’arguzia e all’ironia. Nel Seicento si tendeva a costruire un repertorio organico di nuovi stilemi volti a sorprendere il lettore con immagini e concetti estrosi, a definire il senso della meraviglia. Per capire cosa essa sia, bisogna pensare che nel Seicento entra in crisi la visione rinascimentale dell’uomo posto al centro dell’universo, in un armonico rapporto con la natura, intesa a soddisfare le esigenze vitali.

Il cannocchiale di Galileo allarga all’infinito i confini dell’universo, mentre il microscopio e l’osservazione scientifica rivelano l’infinità complessità della vita che pulsa intorno a noi; i confini geografici della terra vengono dilatati dai contatti con le regioni dell’Estremo Oriente e delle Americhe, dove antichissime civiltà si rivelano allo sguardo dell’Europa, contribuendo a sfatare il mito dell’assoluta eccellenza dei classici latini e greci.

In questo universo l’uomo si aggira senza più le antiche certezze. La “meraviglia” riflette l’effettivo stupore dinanzi all’improvviso dilatarsi dell’universo; la superiorità dei moderni sugli antichi rivela l’orgoglio di una conoscenza più ampia delle leggi della natura; la ricerca di novità esprime l’esigenza di adeguare pensiero ed espressione alla nuova visione del mondo.

La metafora barocca nasce dal senso della continua metamorfosi delle cose, è un modo di sentire l’universo non più statico, ma mutevole. Le metafore esprimono l’instabilità come ad esempio quella della vita come fumo, sogno, nuvola o dell’orologio che scandisce la fuga del tempo. Mancò in Italia una grande opera poetica capace di esprimere la nuova cultura.

Importante furono Marino e i marinisti in lotta perenne contro il classicismo, la cui persistenza nel secolo rivela la debolezza e l’episodicità della rivoluzione barocca

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