Ariosto Parafrasi del 2 canto La Pazzia di Orlando Parte 1

Ariosto Parafrasi del 2 canto La Pazzia di Orlando Parte 1

Ariosto Parafrasi del 2 canto La Pazzia di Orlando Parte 1


L’ imprevedibile percorso ,per il bosco privo di sentieri, che prese il cavallo di Mandricardo fece si che Orlando vagò due giorni a vuoto, nè lo trovò, nè ne ebbe traccia. Arrivò a un ruscello che sembrava cristallo, sulle cui sponde fioriva un bel prato dei colori della natura ed era variamente ornato da bei cespugli. La calda ora del mezzogiorno rendeva gradita l’ ombra all’ armamento e al cavaliere; così che neppure Orlando provava alcun brivido freddo, sebbene avesse la corazza. Qui Orlando entrò per riposare in mezzo ai cespugli e vi trovò una dimora angosciosa e funesta,più di quanto si possa dire, quello sfortunato giorno. Girnado qui intorno vide sulla riva dell’ ombroso fiume molti arberelli con scritte (incise). Non appena ebbe gli occhi fermi e fissati con maggior attenzione fu sicuro che furono scritti dalla dea del suo cuore. Questo era uno di quei luoghi già descritti, dove spesso Medoro veniva dalla casa del pastore, lì vicina, a vedere Angelica. Vede Angelica e Medoro intrecciati in diversi modi, e in diversi luoghi. Tante sono le lettere, tanti sono i chiodi con i quali Cupido gli ferisce e punge il cuore. Va a cercare in mille modi con il pensiero, di non credere quello a cui, suo malgrado, crede: si sforza di credere che sia un’ altra Angelica ad aver scritto il suo nome sul quella corteccia. Poi dice: “ Io conosco la grafia di queste lettere: di queste (lettere) ne ho viste e ne ho lette tante. Potrebbe essersi inventata questo Medoro: forse mi ha dato questo soprannome”. Con tali opinioni remote, continuò ad assillare se stesso; il malcontento di Orlando stette nella speranza , che seppe procurare a se stesso. Ma più cerca di dimenticare il crudele sospetto, più si riaccende e si rinnova: come il disattento uccello che finisce in una ragnatela o sui rami invischiati, quanto più batte le ali e più prova a liberarsi, più si lega stretto. Orlando vide dove si incurva la montagna come un arco (formando una grotta) edere e viti rampicanti avevano ornato l’ ingresso (di quella grotta) con i loro fusti contorti. Nei giorni più caldi, qui erano soloto a stare abbracciati i due felici amanti. C’erano i lorno nomi dentro e intorno (alla grotta) più che nei luoghi circostanti. Erano scritti alcuni con il carbone, altri con gesso e altri erano impressi con punte di coltelli. Qui scese il triste cavaliere; e vide sull’ entrata della grotta tante parole, che erano state scritte dalla mano di Medoro, e sembravano esser state scritte proprio in quel momento. Per esprimere il grande piacere che provò (con Angelica) nella grotta, aveva composto questa iscrizione in versi. Io penso che fosse poeticamente elaborata in arabo (lingua di Medoro), ed era tale il senso nella nostra lingua: “ liete piante, verdi erbe, limpide acque, grotta ombrosa e gradevole per la fresca ombra, dove la bella Angelica nacque di GALAFRON, è stata amata invanamente da molto, spesso nelle mie braccia giacque nuda; dei piaceri che qui mi sono stati dati, io povero Medoro non posso ricompensarvi in altro modo, se non lodandovi in ogni momento; e di pregare ogni signore che vi ha amato, e cavallieri e damigelle e persone ,del posto o forestiere, che capiti qui intenzionalmente o percaso; che all’ erba, all’ ombra, all’ ingresso (delle grotta) al fiume e alle piante dica: che sole e luna vi siano favorevoli, e vi protegga il coro delle ninfe dai danni che potrebbero recare le greggi condotte lì da qualche pastore.”. era scritto in arabo, che il cavaliere capiva bene come il latino: tra molte lingue e molte che possedeva, il paladino sapeva benissimo quella; egli fece evitare più volte danni e scontri, quando si trovò tra il popolo saraceno: ma non si rallegri, se altre volte (la conoscenza dell’ arabo ) gli fu propizia; perche’ ora gli arreca un danno tale da cancellare tutti i vantaggi ottenuti. Lesse tre, quattro, sei volte la triste poesia, anche cercando invano (di immaginare) che non ci fosse quello che l’ aveva scritta; ma gli risultava sempre più chiaro e facile da comprendere (l’ esistenza di Medoro): ed ogni volta (che leggeva) si sentiva stringere il cuore in messo al petto afflitto. Rimase lì con gli occhi e con il pensiero rivolti al sasso, impetrito. Fu allora che impazzì, così che tutto il preda al dolore si abbandona. Credete a chi l’ ha provato su se stesso ,che questa e’ la sofferenza (d’ amore) che fa passare tutte le altre. Gli era caduto il mento sopra il petto (testa bassa), la fronte era priva di rughe ed era bassa; non potè aver e (che il dolore l’ occupò tanto) voce per lamntarsi o lacrime per piangere. L’ ilpetuoso dolore, che voleva uscire con troppa fretta, rimase dentro.


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