ARIOSTO (1474-1533)

ARIOSTO (1474-1533)


Ludovico Ariosto, primo di dieci figli, nasce a Reggio Emilia l’8 settembre 1474. Il padre Niccolò, di nobile famiglia, era un comandante militare al servizio degli Este, la madre una nobildonna di Reggio. A Ferrara Ludovico intraprese gli studi giuridici, ma presto li abbandonò per dedicarsi a quelli umanistici, approfondendo la poesia latina di Orazio, Catullo e Properzio. Nel frattempo egli si interessò anche della poesia in volgare: divenuto amico di Pietro Bembo, condivise con quest’ultimo l’entusiasmo per Petrarca ed iniziò a stendere delle Rime di ispirazione petrarchesca, pubblicate nel 1546. Nel 1497 egli fu ufficialmente accolto alla corte degli Estensi come intellettuale stipendiato, ma la morte del padre venne a turbare la vita del poeta, che dovette dedicarsi al mantenimento della famiglia come capitano della rocca di Canossa. Ritornato a Ferrara verso la fine del 1503, fu assunto al servizio del cardinale Ippolito d’Este, si fece chierico e si aprì per lui un periodo di intensa attività politica e diplomatica a Bologna, Mantova e Roma. Morto nel 1513 papa Giulio II, fu eletto Leone X Medici, che aveva manifestato stima e amicizia nei confronti di Ariosto: quest’ultimo colse l’occasione e si trasferì presso la curia papale, ma nessun incarico gli fu offerto. Rientrato a Ferrara, si dedicò alla prima edizione dell’Orlando Furioso, poema in 40 canti la cui stesura era iniziata nel 1505, ottenendo subito un grande successo. Nel 1517 il cardinale Ippolito venne nominato vescovo in Ungheria e chiese al poeta di seguirlo, ma egli rifiutò e passò al servizio del fratello di Ippolito, il duca Alfonso I. Anche per Alfonso dovette svolgere missioni diplomatiche a Firenze e Roma, dove fece avere a papa Leone X la commedia Il Negromante in vista di una rappresentazione che però non ebbe mai luogo. Tra il 1517 e il 1525 Ariosto si dedicò anche alla stesura delle Satire, sette componimenti poetici in terzine dantesche, indirizzate a parenti e amici. Come da modello latino (si ispirava, anche nel titolo, al poeta Orazio), queste Satire trattano vari argomenti: contengono riflessioni di carattere privato, meditazioni sul senso della vita, osservazioni sulla realtà politica e sociale e sui costumi contemporanei. Il poeta espone i propri pensieri in forma semplice e colloquiale, mette a confronto i propri ideali e punti di vista con quelli di interlocutori immaginari, prendendo in giro modi di essere e stili di vita con un’ironia distaccata e serena, mai aggressiva. Nelle Satire è presente la denuncia della corruzione della società, della falsità dei rapporti umani, della stupidità di quegli intellettuali che rinunciano alla propria autonomia di giudizio, identificano i propri valori, idee e modelli di comportamento con quelli della corte da cui dipendono. Le Satire possono essere considerate uno specchio della vita di corte ai tempi dell’Ariosto. Nel 1522 il poeta dovette trasferirsi in Garfagnana, una regione socialmente molto arretrata nella Toscana settentrionale, che rientrava nei possedimenti estensi. Lì visse fino al 1525, ricoprendo l’incarico di commissario preposto all’ordine pubblico. Fu una missione molto difficile, che lo scrittore seppe svolgere con equilibrio e senso di giustizia, ma che gli causò disagio interiore, amarezza e sentimenti di solitudine. Il suo stato d’animo è documentato nelle sue lettere, 214, scritte a partire dal 1498, di cui 156 relative al periodo in Garfagnana. Nell’ottobre 1525, dopo aver rifiutato l’incarico di ambasciatore papale, Ariosto rientrò a Ferrara e in un periodo di tranquillità relativa poté dedicarsi alla cura delle proprie opere, soprattutto all’instancabile revisione del Furioso, che vide una nuova edizione (la terza, la seconda era del 1521) alla fine del 1532, ampliata a 46 canti. Numerose anche le rappresentazioni teatrali delle sue commedie. Pochi i viaggi in quest’ultimo periodo: nel 1528 il poeta fu aModena con il duca Alfonso per scortare l’imperatore Carlo V nel suo passaggio verso Bologna, poi si recò a Firenze, Venezia e Mantova dove incontrò ancora Carlo V. Rientrato a Ferrara morì il 6 luglio 1533.