ANTICO EGITTO RIASSUNTO
ANTICO EGITTO RIASSUNTO
L’EGITTO E’ UN DONO DEL NILO
L’Egitto se si considera la sua posizione geografica sembrerebbe un paese povero: è una stretta valle incassata fra due altopiani desertici, assolata, arida e malsana; ma in quella valle scorre il Nilo che per la lunghezza è il secondo fiume del mondo (6700 Km), e le piene del Nilo rendono il paese fertilissimo.
Si può dire che l’Egitto è un dono del Nilo.
Ingrossato dalle piogge che cadono abbondanti sull’altopiano etiopico ogni anno tra agosto e settembre, questo fiume generoso straripa, sommergendo una grande vastità di terre e depositando uno strato di limo fertilissimo.
Quando poi le acque fra ottobre e dicembre decrescono via via e rientrano infine nel loro letto, il sole prosciuga i terreni già inondati e screpola il limo, nel quale, senza bisogno di concimazione e di faticosa aratura, si possono gettare le sementi che a loro volta germogliano rapidamente sotto l’azione del sole continuo e del clima asciutto.
I primi abitanti di questa fortunata valle vennero probabilmente da Occidente, attratti dall’abbondanza di pesca e selvaggina. Ma dopo molti secoli, nell’età neolitica, essi compresero i vantaggi che si potevano trarre dalla fertile fanghiglia depositata dal fiume; e di cacciatori che erano, divennero agricoltori.
Si costruirono dimore stabili su terrapieni o dietro dighe artificiali, per ripararsi dalle piene del fiume; impararono a scavare canali di irrigazione e serbatoi per regolare l’afflusso e il deflusso delle acque nella stagione delle inondazioni.
Gli animali feroci furono distrutti o risospinti verso il deserto, ma il bove, l’asino e gli ovini furono addomesticati. Pochi erano gli alberi di alto fusto, come il sicomoro, la palma, il fico: in compenso abbondavano le piante acquatiche (il loto e il papiro) e i cereali (frumento, orzo, miglio).
Queste culture vennero intensificate e divennero la base economica della vita dell’Egitto.
Man mano che procedeva l’opera di bonifica, ai primi abitatori mediterranei vennero ad aggiungersi, provenienti dall’Asia, genti di razza alpina, le quali forse introdussero in Egitto l’industria dei metalli.
I vecchi abitatori ed i nuovi si fusero rapidamente in un solo popolo, ben diverso da quello sia dell’Asia che da quello dell’Africa stessa. Furono detti Camiti, cioè discendenti di CHAM, figlio di Noè. Erano piccoli, snelli e bruni; laboriosi, intelligenti e miti, tanto che anteposero alle dure violenti arti della guerra le pacifiche e feconde opere della pace.
I TRE REGNI DELL’ANTICA STORIA EGIZIANA
Le popolazioni della valle del Nilo, a mano a mano che il suolo venne occupato e bonificato, si andarono ordinando in molti Stati autonomi, aggruppati ognuno intorno al tempio del dio protettore del luogo e retti da un re sacerdote. Poi gli staterelli si riunirono in due regni: il Regno del Basso Egitto, che comprendeva la parte stretta e incassata della valle sull’area del delta del Nilo, e il Regno dell’Alto Egitto che si estendeva lungo il fiume .
Infine, dopo lunghi contrasti, un re del sud, MENES, conquistò il nord; e da allora in poi l’Egitto costituì un solo Regno sotto monarchi, chiamati Faraoni, che vennero considerati come divinità. Da Menes, il cui regno va dal 3300 e al 3200 a. C. , alla conquista romana che è del 30 a.C., si succedono sul trono d’Egitto 31 dinastie, tra rivolte interne, guerre, invasioni straniere e cambiamenti della capitale.
Trentadue secoli di storia che si considerano divisi in Antico – Medio e Nuovo Regno.
L’ANTICO REGNO
Comprende le prime 10 dinastie e dura fino alla VI dinastia, cioè fino a circa il 2300 a.C. ed è detta dell’impero menfitico, dal nome della città di Menfi, che fu la sede della monarchia. La scelta di Menfi come sede del governo non poteva essere più felice, situata in una zona fertilissima fra il Fayum e il Delta, (la stessa dove ora sorge Il Cairo) . La città era in ottima posizione sia per gli scambi commerciali con i paesi del Mediterraneo orientale, sia per la difesa contro le incursioni dall’Asia o dalla Libia.
Sotto le prime 4 dinastie di Menfi, la monarchia raggiunse uno dei punti culminanti della sua potenza.
L’autorità del re è assoluta. Egli è il capo assoluto dello Stato e della religione, padrone della terra e degli uomini, giudice supremo e unico legislatore, rappresentante degli dei e dio esso stesso. Soltanto il timore del giudizio di Osiride, giudice dei morti, costituì un freno morale al degenerare del suo potere assoluto nelle crudeltà e nel dispotismo. Essendo egli un Dio, da cui dipendono i buoni e i cattivi raccolti, la vita e la morte dei sudditi, era una figura altamente ritualizzata, ossia oggetto di riti. La carica si trasmetteva per via paterna, in base al diritto di primogenitura. Il sovrano aveva molte mogli, tra cui una principale, proveniente quasi sempre dalla sua famiglia, spesso si trattava di sua sorella, questo era considerato un modo per trasmettere al successore la natura divina dei genitori.
Dell’alta maestà di quei Re rimangono, perenne documento, le piramidi innalzate dai Faraoni della IV dinastia, Cheope, Chefren e Micerino , a Gizeh, presso l’antica Menfi: templi e dimore dei loro corpi dopo la morte.
Lo stesso altissimo modello raggiunto nelle opere ingegneristiche fu conseguito quasi in ogni campo, dalla scultura alla pittura, alla navigazione, alle scienze. Gli astronomi di Menfi crearono per primi un calendario solare basato su un anno di 365 giorni, mentre i medici dell’Antico regno acquisirono notevoli conoscenze nel campo dell’anatomia (in particolare del sistema circolatorio del corpo umano) e della chirurgia.
L’organizzazione sociale era fortemente stratificata; al gradino più basso erano i servi e sopra di loro i contadini, che sono la maggior parte della popolazione. L’Egitto conosceva la schiavitù, ma era limitata all’utilizzazione di manodopera costituita da prigionieri di guerra. Di rango superiore ai contadini erano considerati gli artigiani, quasi tutti dipendenti di istituzioni religiose o statali; al di sopra troviamo i soldati di mestiere, mercenari stranieri , libici, nubiani, etiopici e greci. Gli scribi erano matematici, ingegneri, letterati o semplici amministratori; essi svolgevano il compito di registrare dati di ordine tecnico, legale, religioso e celebrativo.
Erano considerati una classe superiore perché conoscevano la difficile scrittura geroglifica.
I sacerdoti, che con gli scribi erano detentori del sapere, costituivano una classe gerarchicamente strutturata: la maggioranza era preposta a operazioni routinarie come svolgere servizi funebri, dirigere le processioni in onore delle varie divinità, compiere profezie. Al di sopra stavano i teologi , cioè sommi sacerdoti che dirigevano i culti sulla base di dottrine gelosamente custodite e trasmesse attraverso scuole annesse al tempio. Soprattutto quelli che amministravano il culto di divinità importanti formavano dei nuclei di potere, capaci di influenzare la politica del paese e determinare gravi crisi istituzionali.
Il Tempio era inoltre una istituzione economica poiché possedeva terre e bestiame, servi e beni di varia natura procurati dalle offerte dei fedeli e dalle concessioni del faraone.
La famiglia era saldamente stabilita e formava la base della società. L’uomo ne era il capo; ma la donna non era, come presso gli altri popoli orientali, relegata in una condizione di inferiorità.
Il sistema economico dell’Egitto si fondava sull’agricoltura , praticata lungo la valle del Nilo, da qui provenivano i principali prodotti : pane, birra d’orzo, volatili, germogli di papiro, pesce e carne bovina, la vegetazione delle rive del fiume forniva legname per le loro costruzioni. Dalla pianta del papiro si poteva ricavare cibo, materiale di intreccio e fogli di carta.
La popolazione era obbligata a fornire periodicamente una certa quantità di manodopera per i servizi connessi alla costruzione di opere irrigue, palazzi , templi, piramidi.
Non era conosciuta la moneta ma gli scampi avvenivano in base a dei valori prefissati.
Per l’importazione del legname necessario alla costruzione delle imbarcazione si avvalevano del Libano, ricco di alberi da cedro.
L’Egitto era ricco di oro, rame e vari tipi di pietre.
In questo periodo il Regno si estese verso la Libia, la Nubia e la Palestina ma era profonda la rivalità fra i templi del nord e quelli del sud, fino a che verso il 2100 si ristabilì l’unità dell’Egitto. Questo periodo fu chiamato del Medio Regno.
IL MEDIO REGNO
La seconda epoca, detta del Medio Regno, abbraccia anch’essa dieci dinastie, dalla decima alla ventesima. Le prime tre dinastie restaurarono il potere monarchico, riportarono la pace nel paese dopo un periodo di rivalità tra i templi del sud e quelli del nord, ricacciarono i predoni verso la Siria e verso la Libia ed eressero grandiose costruzioni, a Tebe ed anche a Abido e a Menfi.
Ora più grandiose delle tombe dei re, sorgono i templi degli dei.
Si bonificano le aree paludose del Fayyum e di Menfi e si ristabilisce il predominio del tempio del Dio Ra, rappresentativo del Basso Egitto.
Le truppe egiziane penetrano nella Nubia del sud che comincia ad essere annessa politicamente, mentre sul fronte opposto arrivano in Siria , in cui si creano stati-vassallo per contrastare l’espansionismo degli Hatti e del Mitanni.
La magnifica ripresa della vita egiziana fu bruscamente interrotta, verso il 1680, al tempo della XIV dinastia, da un’invasione di Hycsos, o di re pastori, che appartenevano alle tribù semitiche che vagavano tra l’Arabia e la Siria. Si valevano in guerra di carri, di cavalli e di armi di ferro che erano sconosciuti in Egitto, e anche per questa ragione assoggettarono tutto il Basso Egitto, dove regnarono per quasi un secolo: non riuscirono però a occupare Tebe, che si eresse a roccaforte nazionale del popolo egiziano.
E da Tebe partì il movimento di riscossa contro gli Hycsos. Il re di Tebe Ahmosi, fondatore della XVIII dinastia, riuscì verso il 1580 a ricacciare gli invasori e a inseguirli sino in Palestina.
IL NUOVO REGNO
Le lunghe lotte contro gli Hycsos avevano addestrato gli egiziani alle armi, avevano creato una classe di guerrieri avidi d’onori e di prede, avevano acquistato istinti di conquista e di dominio.
Con Thutmosi III il moto di espansione egiziana aveva raggiunto e conquistato la Nubia, la Palestina, la Fenicia e la Siria. Questo vasto dominio fu mantenuto per oltre due secoli: i re di Babilonia e di Assiria sollecitavano l’amicizia e la protezione del faraone d’Egitto, e immense ricchezze affluivano da ogni parte a Tebe.
Potentissimi erano divenuti i sacerdoti del dio di Ammon, a Tebe, tanto che invano Amenophis IV cercò di indebolirli, proclamando come dio unico Aton, il Sole,e imponendone a tutti il culto.
Amenophis IV , che si faceva chiamare Ekhn-aton (Colui che è caro a Aton) trasferì la capitale nel Medio Egitto , su una terra che non era consacrata ad alcuna divinità, e che venne chiamata Akhet-aton, ora chiamata Tell el-Amarna.
I sacerdoti di Tebe resistettero vittoriosamente, forti delle credenze religiose popolari, e il successore Tutankamen, fu costretto a sopprimere la riforma religiosa per riportare la pace nel paese, riportando nel contempo la capitale a Tebe. Del regno di Tutankamen non si sa molto, egli è noto soprattutto per lo splendido corredo funerario ritrovato nella sua tomba da due archeologi britannici.
GLI HITTITI E LA DECADENZA DELL’EGITTO
Durante le lotte religiose e approfittando della debolezza egiziana che ne derivava, un popolo di origine indo-europea stanziato nel centro dell’Asia minore, gli Hittiti, si erano impadroniti della Siria e della Palestina, già conquistate dagli Egiziani.
Ristabilita la pace tra Faraoni e sacerdoti, fu possibile a Seti I e a Ramsete II di recuperare almeno in parte le conquiste perdute: con gli Hittiti, dopo la battaglia di Kadesch, fu concluso un trattato di pace e di amicizia , e l’Egitto potè dedicarsi a opere pacifiche di civiltà e abbellimento artistico. Sorsero allora i templi di Luxor e di Karnak.
E’ questo il penultimo periodo della fioritura e dell’indipendenza egiziane.
Ben presto popolazioni esterne tornarono ad invadere i terriotri conquistati e lo stesso Egitto. Erano questa volta Achei, Dàrdani, Dànai, Lici, Tirreni-Etruschi, Sardi, gruppi di quelle popolazioni indo-europee che erano discese alcuni secoli prima dalle loro sedi originarie nell’Europa centro-orientale, avevano invaso la Grecia, l’Italia, l’Asia Minore, la Persia, e raggiunte la Siria, la Palestina e la Libia, premevano sulla valle del Nilo , attratte dalle ricche città e dalle floride campagne.
Ramsete III riuscì a ributtarli in mare in una grande battaglia alla foce del Nilo: ma la Palestina, ultimo dominio dei faraoni in Asia, andò perduta e fu in gran parte occupata dai Filistini (1150).
La perdita dell’Impero e gli assalti dei predoni stranieri portarono in Egitto miseria, discordia, e decadenza. Nel frattempo l’autorità dei successori di Ramsete II, si indeboliva sempre più e cresceva, invece, il potere dei sacerdoti a Tebe, che tendeva a frazionare politicamente il paese.
Fu così dalla fine della XX dinastia (1085) alla XXVI dinastia (660), durante i quali la capitale da Tebe fu portata a Tanis, nel Basso Egitto, poi a Sebasti, nel Delta.
Nel 671 i re d’Assiria dalla Siria e dalla Palestina penetrarono in Egitto, saccheggiarono Tebe e si impossessarono di tutto il paese. Il loro dominio fu però breve. Nel 660 Psammetico III, principe di Sais nel Basso Egitto, fondatore della XXVI dinastia, detta saitica , giovandosi della reazione del popolo contro le violenze degli Assiri, riuscì ad abbattere il dominio straniero e a imporre la sua sovranità su tutto il paese.
Con la restaurazione dell’indipendenza e della unità politica tornarono i giorni della prosperità in Egitto.
Psammetico e i suoi successori della XXVI dinastia sanarono i mali provocati dalle guerre intestine e dal recente dominio assiro. Essi restaurarono i templi rovinati, intrapresero importanti opere pubbliche, tra cui la riattivazione del canale che univa il Nilo al Mar Rosso, fatto già scavare da Ramsete II e interratosi poi per l’incuria dei successori; dettero grande impulso al commercio, valendosi delle buone relazioni con i Fenici, e principalmente con i Greci, i quali contribuirono alla rinascita saitica.
Si portò a termine un viaggio marittimo di circumnavigazione intorno all’Africa, compiuto da marinai fenici al servizio del Faraone.
Ma tanto splendore fu nuovamente turbato e poi spento da una successiva invasione, quella dei Persiani, che conquistarono rapidamente il paese nel 525.
I re persiani tennero l’Egitto per circa 200 anni; poi sopravvennero i macedoni, e in Egitto apparve Alessandro Magno (332), accolto dal popolo come un liberatore, proclamato dai secerdoti come il figlio di Ammon. Egli assunse le insegne e i poteri del faraone e, fondata la città che porta il suo nome, ripartì alla conquista dell’Oriente.
Morto di lì a poco Alessandro (323), il dominio dell’Egitto toccò a uno dei suoi generali, Tolomeo,che, assunto il titolo di faraone, si stabilì in Alessandria.
I Tolomei o Lagidi, come si dissero i successori di Tolomeo, regnarono in Egitto per quasi tre secoli, conservando sempre mentalità e sistemi greco-macedoni.
Alessandria divenne uno dei centri più importanti della cultura ellenistica: qui fu istituita la prima biblioteca del mondo, la quale nel I sec. a.C. arrivò ad avere circa 700.000 volumi.
Il regno dei Tolomei finì con la conquista romana e con la trasformazione dell’Egitto in provincia dell’Impero romano.
LA RELIGIONE E I RITI SACRI
In un paese come l’Egitto, in cui la vita dipendeva dal fiume dalle ignote sorgenti che si credeva scendesse dal cielo, e la prosperità e le carestie venivano dal cielo e dal sole più che dall’attività degli uomini, importanza dominante ebbe la religione.
Si credette cioè in spiriti soprannaturali che influissero in bene o in male sui destini dell’uomo. Spiriti presente nell’aria, nelle nubi, nel sole, nella terra, nei corpi degli animali e persino nei corpi inanimati.
Quando l’Egitto esce dalla preistoria nella luce della storia, ogni provincia , ogni città ha il suo dio: Tebe adora Ammon, Menfi adora Pta, Eliopoli adora Ra; e ogni dio e città ha il suo ricco e potente collegio sacerdotale.
Invano Amenophis IV tentò di instaurare il culto di un solo dio, Aton, che desse unità religiosa e quindi politica a tutto il paese. Gli dei locali vinsero: anzi, accanto a loro, si onorarono , uno in ogni città, un animale sacro, come il bue Apis a Menfi, il gatto a Tebe , la vacca a Denderàh. E, prima che in forma umana, gli dei furono rappresentati in forma di fiere o di bestie domestiche.
Il culto più diffuso fu quello del Sole, datore di vita e fecondatore della terra. Esso fu venerato in molte forme e intorno a esso sorsero diverse leggende: fra le quali la leggenda di Osiride, Iside, Horus. Osiride è il sole che muore al tramonto, ucciso da Seth, dio della tenebra e dell’arido deserto; Iside è l’astro della notte, la luna, sposa tenerissima di Osiride, che ne recupera, ne compone e ne conserva la salma; Horus, figlio di Osiride e di Iside, è il sole nascente al mattino che vince Seth, la tenebra, e riporta al mondo la vita.
In questa leggenda solare veniva così raffigurato il perenne conflitto fra il bene e il male, il giorno e la notte, la luce e la tenebra, l’arido e mortale deserto e i verdi campi ricchi di raccolti; vi era inoltre rappresentato il perenne alternarsi della vita e della morte e il risorgere della vita e della morte, come fa il seme che, dopo essere stato sotto terra rigermoglia, e il trasmettersi della vita di creatura in creatura.
Alla leggenda solare si collegano i riti funerari egiziani. L’uomo, come Osiride, risorgerà e vivrà immortale, se il suo corpo verrà composto e conservato. Si temeva che, distrutto il corpo, anche l’anima avrebbe cessato di esistere. Da ciò la somma cura che gli Egiziani avevano per la conservazione dei cadaveri di quelli uomini, specialmente, le cui azioni benefiche si desiderava continuassero a farsi sentire nel mondo anche dall’aldilà.
I riti funerari furono essenzialmente la ripetizione delle cure che Iside aveva somministrato al cadavere di Osiride per farlo risorgere in Horus.
Il cadavere veniva disseccato e avvolto in bende intrise di essenze aromatiche. Sulle bende erano scritte le formule delle preghiere. Così mummificato, il defunto veniva racchiuso in un sarcofago, sul quale spesso veniva dipinta la sua figura, e veniva deposto nella tomba. Le tombe furono scavate nella roccia perché resistessero nel tempo, ma sin dalla III dinastia si arrivò alla forma della piramide che sembra sfidare i secoli.
L’ARTE EGIZIANA
Gli Egiziani crearono un’arte compiuta e unitaria nelle sue varie espressioni : architettura, scultura, pittura. Vi arrivarono naturalmente per gradi, ma una volta raggiunta una forma, gli artisti vi si attennero poi per secoli e secoli senza apportarvi mai alcuna sensibile modifica.
Un altro carattere è costituito dalla perizia tecnica degli artisti, che furono abilissimi a lavorare le pietre più dure, come il granito, il porfido, il basalto, a trarre dalla roccia e mettere in opera monoliti colossali, come certi obelischi e a erigere con perfetto calcolo edifici grandiosi.
Un terzo carattere è costituito dall’ispirazione religiosa. L’arte servì a onorare gli dei e a perpetuare la conservazione dei morti.
I monumenti architettonici che ci sono pervenuti sono le tombe e i templi, perché costruiti con pietre dure, dovevano resistere nel tempo.
Come scultori, gli artisti egiziani seppero assicurare alle figure un ritmo lineare senza preoccuparsi della prospettiva. Invece nei volti, gli artisti ritrassero l’espressione viva e individuale delle persone.
Come pittori, amarono i colori vivaci e sin dai tempi più remoti usarono dipingere sulle pareti delle camere sepolcrali e dei templi scene sacre e della vita comune e di ricoprire di colori i bassorilievi, le statue, le colonne e i sarcofagi.
LA SCRITTURA, LA LETTERATURA. LA SCIENZA E LA TECNICA
La scrittura più antica degli Egiziani, detta poi dai Greci geroglifica (scrittura sacra scolpita) perché usata in preferenza per le iscrizioni sulle pareti dei templi e delle tombe, sui sarcofaghi e sugli obelischi, somigliò alla pittura o al disegno, riproducendo in maniera stilizzata le immagini stesse delle cose che voleva significare.
Le altre due scritture egiziane, la ieratica, cioè sacerdotale, e la demotica, cioè popolare, furono scritture semplificate , più recenti, e alfabetiche: ogni segno cioè non rappresenta l’immagine, ma uno dei suoni fondamentali che concorrono alla formazione della parola.
La decifrazione della scrittura egiziana, avvenuta nei primi del secolo scorso, ha permesso di leggere le numerose iscrizioni dei monumenti e le migliaia di rotoli dei papiri che si sono rinvenuti e continuamente si rinvengono nelle tembe e fra le rovine delle antiche città. Questo materiale è in gran parte documentario e ci illustra la storia egiziana.
Assai minore è il valore letterario; gli inni sacri ed i poemetti che ci restano hanno valore pratico, morale piuttosto che artistico. Le cronache e le biografie dei sovrani sono semplici repertori di avvenimenti. I racconti fantastici o avventurosi sono ingenui e primitivi.
L’eredità più preziosa che ci hanno tramadato gli Egiziani è la scienza e la tecnica.
Secondo i Greci, gli Egiziani furono i primi a coltivare la medicina, la chimica, la geometria e, in generale, le scienze esatte.
Ci hanno insegnato a coltivare il grano e a usare il lievito per fare il pane.
Per costruire le dighe del Nilo e i canali di irrigazione, per livellare i terreni e rilevarne le misure per il censimento catastale, per costruire le piramidi e i templi, per innalzare gli obelischi, essi hanno approfondito lo studio della geometria e della meccanica. Per lavorare i metalli, fabbricare ceramiche e vetri colorati e preparare colori, essenze, profumi hanno studiato a fondo le proprietà fisiche e chimiche della materia.
Il sezionamento dei cadaveri per la imbalsamazione e la mummificazione, quindi la conoscenza dell’anatomia del corpo umano ha insegnato loro l’arte della medicina e della chirurgia.
Non si sono conservati i trattati di queste discipline; ma si sa che i Greci appresero dagli Egiziani, specialmente nel campo della geometria e delle scienze morali; e la nostra civiltà ha come base la cultura dei Greci.