ANSELMO

ANSELMO

Nato ad Aosta nel 1033 , Anselmo entrò nell’ abbazia benedettina di Bec in Normandia , dove era abate Lanfranco di Pavia , e nel 1066 divenne monaco . Successe poi a Lanfranco dapprima nella carica di abate , nel 1078 , e , nel 1093 , in quella di arcivescovo di Canterbury . Qui si trovò a dover difendere le prerogative e l’ autonomia della Chiesa contro i sovrani normanni d’ Inghilterra , sino alla sua morte avvenuta nel 1109 . Verso il 1076 compose il Monologio , cioè soliloquio , da lui considerato ” un esempio di meditazione ” sulle ragioni della fede . Nei due anni successivi scrisse il Proslogio , cioè colloquio , intitolato anche ” Fides quaerens intellectum ” ( la fede alla ricerca di intendimento ) . Dopo che il monaco dell’ abbazia di Marmoutier , Gaunilone , intervenne nella discussione sul problema dell’ esistenza di Dio , affrontato da Anselmo nel Proslogio , con un Libro in difesa dell’ insipiente , Anselmo compose un Libro apologetico contro Gaunilone . Altri scritti di epoca probabilmente successiva sono : Sullaverità , Sulla libertà di arbitrio , Sul grammatico , Sulla concordia della scienza e della predestinazione . Verso la fine della sua vita Anselmo compose il Perchè Dio si é fatto uomo . Il punto di partenza di Anselmo é la fede nella verità rivelata da Dio e contenuta nelle Sacre Scritture . Ad esse , che costituiscono l’ auctoritas per eccellenza , si affiancano gli insegnamenti dei Padri della Chiesa . Il programma di Anselmo é compendiabile nel detto credo ut intelligam ( credo per comprendere ) . Il suo intento é di approfondire le ragioni ( intelligere ) che sono presenti nei contenuti della fede , nella misura in cui ciò é possibile nella condizione terrena . La comprensione , però , non é veramente possibile se non si ha la fede ; ragione e fede non sono dunque due ambiti separati o addirittura contrastanti , nè esiste una distinzione fra teologia e filosofia . Nel Monologio , Anselmo dice di scrivere su richiesta dei suoi confratelli quanto egli aveva esposto oralmente sull’ esistenza di Dio , allo scopo di offrirlo come esempio alla loro meditazione . Egli non intende però avvalersi di un procedimento che faccia ricorso all’ autorità delle Scritture e dei Padri ; vuole invece convincere mediante argomenti razionali , accessibili a tutti . O meglio , egli intende mostrare come può arrivare a Dio anche chi ancora ignora , o perchè non ascolta la parola di Dio o perchè non crede . Scrive dunque un monologo , fatto di argomenti cogenti , come preliminare alla meditazione . L’ obiettivo del Monologio é , infatti , quello di mostrare che esiste una natura somma , più alta di tutte le cose esistenti , eternamente beata e autosufficiente , la quale dà l’ essere a tutte le altre cose , rendendole buone in virtù della propria bontà . A tale scopo , Anselmo ricorre ad alcune argomentazioni , che hanno in comune il fatto dalla considerazione delle cose del mondo . Questo tipo di dimostrazioni saranno poi dette ” a posteriori ” , in quanto procedono dagli effetti che vengono dopo ( le cose sensibili create ) per risalire alla loro causa ( Dio ) . Il nocciolo di esse é che il mondo sensibile costituisce un ordine gerarchico di beni e di perfezioni , ma questi beni e perfezioni sono tali in virtù di un bene e di una perfezione , che non dipende a sua volta da altro : esso é il sommo bene e la somma perfezione . Il presupposto di questi ragionamenti é platonico : tutte le cose buone sono tali in quanto partecipano del bene e a causa del bene . Con la ragione si é dunque arrivati a dimostrare che esiste una natura superiore a tutte le altre , la quale non ha nulla sopra di sé : questa natura somma ha nome ” Dio ” . Si é così propriamente dimostrato non tanto che Dio esiste , quanto che esiste una natura somma , alla quale si può dare il nome ” Dio ” . La nozione di Dio non é il punto di partenza , ma il punto di arrivo : é il predicato che , a conclusione , viene attribuito al soggetto , che é la natura somma o sommo bene , per dirla alla Platone . Nel Proslogio Anselmo si chiede se sia possibile trovare un unico argomento , capace di dimostrare da solo che Dio esiste ed é il Sommo Bene . Diversamente dal Monologio , ora Dio é all’ inizio dell’ indagine il cui punto di partenza é la nozione di Dio che si ha grazie alla fede . L’ obiettivo diventa ora propriamente ” comprendere ciò che Dio crede ” , ossia fides quarens intellectum . Il discorso assume la forma di un dialogo con lo stolto ( insipiens ) , di cui si parla in uno dei Salmi e che in cuor suo dice che Dio non esiste . Insipiente qui significa stolto in quanto nega l’ esistenza di Dio , non in quanto non intende la parole o non coglie il significato delle definizioni o la cogenza di un’ argomentazione . Ma prima di procedere nel colloquio con l’ insipiente , Anselmo assume un punto di partenza di chiara impronta agostiniana : la preghiera a Dio per ottenere il suo aiuto e la sua illuminazione e poter comprendere che egli esiste . E’ la fede infatti che fa credere che Dio , a cui Anselmo rivolge la sua preghiera , é ” qualcosa di cui non si può pensare nulla di maggiore ” . Anche l’ insipiente , che dice dentro di sè che Dio non esiste , comprende ciò che sente , ossia questa definizione o questo appellativo di Dio ; e ciò che egli intende é nel suo intelletto , anche se egli comprende che esiste anche nella realtà . Anche l’ insipiente dunque é convinto che almeno nell’ intelletto esiste il concetto di qualcosa di cui non si può pensare nulla di maggiore . Ma ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore non può esistere solo nell’ intelletto . Prende di qui avvio la confutazione dell’ insipiente , ossia quella che sarà detta in seguito prova ontologica dell’ esistenza di Dio . La sua caratteristica é di partire non dalla considerazione delle cose del mondo , bensì dalla sola nozione di Dio ; in questo senso sarà anche detta a priori . Essa procede per via indiretta , ossia assumendo per vera la tesi dell’ avversario . Ammettiamo , come fa l’ insipiente , che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista solo nell’ intelletto . Sempre rimanendo all’ interno dell’ intelletto , é possibile pensare che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista anche nella realtà , oltre che nell’ intelletto , e che pertanto esso , esistendo anche nella realtà , sia maggiore di ciò che esiste solamente nell’ intelletto . Ma é contradditorio che di una stessa cosa si possa pensare qualcosa di maggiore e , al tempo stesso , nulla di maggiore : tale é appunto la nozione dell’ insipiente che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esiste solo nell’ intelletto ; di essa infatti si é potuto pensare qualcosa di maggiore . Se non si vuole cadere in questa contraddizione , occorre allora riconoscere che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esiste , oltre che nell’ intelletto , anche nella realtà . La dimostrazione di Anselmo assume implicitamente , senza dimostrarle , alcune premesse come evidenti di per sè . In primo luogo , assume che l’ insipiente che nega l’ esistenza di Dio sia in grado di comprendere la nozione di qualcosa di cui non si può pensare nulla di maggiore ; altra assunzione é che ciò che si comprende esiste nell’ intelletto ; e infine che ciò che esiste nell’ intelletto e nella realtà é maggiore di ciò che esiste solo nell’ intelletto . In una certa misura , quest’ ultima assunzione si collega alla dottrina dei gradi di perfezione , già utilizzata nel Monologio . La prova di Anselmo sarà sovente discussa , accettata o criticata nella storia della filosofia , ma il primo a tentare di confutarla fu il monaco Gaunilone nel suo Libro in difesa dell’ insipiente . Secondo Gaunilone non é detto che l’ insipiente , per il solo fatto di udire la parola di Dio , ne abbia anche la nozione o ne comprenda il significato : infatti per intendere il significato di una parola o di una definizione occorre aver percepito l’ oggetto indicato da esse , ma questo non é il caso della parola di Dio , visto che l’ insipiente non ha avuto l’ esperienza diretta di Dio . Per lui la parola di Dio potrebbe essere solo un suono . Inoltre , é possibile avere nell’ intelletto una nozione , per esempio quella di isola , e attribuire ad essa ogni perfezione , ma ciò non autorizza a concludere che perciò quest’ isola esiste anche nella realtà . A ciò Anselmo risponde che non si deve confondere il concetto di ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore con il concetto di ciò che é maggiore di altro . Di quest’ ultima tipo é il concetto di isola perfettissima : essa é tale rispetto a tutte le altre isole , ma non é ciò di cui non é possibile pensare nulla di maggiore . Il confronto con Gaunilone consente di chiarire la prospettiva di Anselmo . Per Gaunilone l’ ascolto della parola non dà luogo nell’ intelletto ad un concetto corrispondente a ciò che si é udito : chi dice che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore sia l’ idea di Dio ? Inoltre dall’ esistenza di una nozione nell’ intelletto non si può inferire l’ esistenza di ciò che é indicato da essa . Nel discorso di Gaunilone s’ interrompe il legame di continuità tra parola , concetto e realtà ; egli pertanto isola l’ argomentazione di Anselmo dal contesto nel quale é inserita . L’ insipiente di cui parla Gaunilone si arresta alla parola ” Dio ” e non comprende che cosa essa significhi e , dunque , nega l’ esistenza di Dio : é fuori dalla sua prospettiva la considerazione della parola come rivelazione divina . Anselmo , infatti , controbatte : come fai tu , un cristiano , a obiettare ciò ? Anche lo stolto che dice che Dio non esiste , deve dare un senso alla parola Dio . Infatti si usano parole , secondo Anselmo , solo se hanno un significato ; in caso contrario l’ insipiente non dice nulla . Nello scritto Sulla verità , Anselmo interpreta la verità come corrispondenza ( rectitudo ) tra le proposizioni e lo stato delle cose che esse enunciano . La proposizione che dice le cose come sono manifesta la verità , cioè la conformità con le cose che essa dice , ma , come dice Anselmo in un altro scritto , Sul grammatico , ” le cose stanno come le ha pensate e dette , in principio , il Logos , nella somma verità ” . A fondamento della conoscenza e del linguaggio umana vi é dunque la parola creatrice di Dio . Dio é verità assoluta , fondamento di ogni verità . Dire la verità da parte dell’ uomo é quindi al tempo stesso conformarsi alla parola di Dio e dire le cose come devono essere dette . Nell’ impostazione di Anselmo conoscenza , atteggiamento morale e fede si saldano inscindibilmente . La fede consiste così nell’ aderire con amore alla parola di Dio . Nella mente umana , come già aveva indicato Agostino , si manifesta un’ immagine della Trinità . Credere in Dio comporta un coinvolgimento non solo dell’ intelligenza , ma anche dell’ amore e della volontà , che spingono alla ricerca della visione diretta di Dio , ma al tempo stesso si avverte che Dio é inattingibile e che solo per iniziativa di Dio stesso se ne può avere una qualche visione parziale . Anselmo é convinto che i più alti misteri della fede sono incomprensibili , ma ciò suscita un impegno ancor maggiore da parte della ragione . Il cristiano sa per fede che Dio si é incarnato , ma deve anche cercare una risposta alla domanda , che fa da titolo a un altro suo scritto : Perchè Dio si é fatto uomo ? La spiegazione di Anselmo é che Dio ha creato l’ uomo allo scopo di consentirgli di essere beato , ma il peccato originale ha prodotto una colpa nei confronti di Dio , per riparare la quale non basta l’ obbedienza prestata a Dio stesso . Sembrerebbe , dunque , che il peccato abbia annullato lo scopo perseguito da Dio nel creare l’ uomo , ma ciò sarebbe assurdo , perchè qualsiasi scopo perseguito da Dio non può non realizzarsi Occorre allora che la grave colpa commessa nei confronti di Dio riceva una riparazione adeguata ad essa , e questa può essere data solamente da un Dio che é anche uomo e sconta la pena del peccato originale . In tal modo Anselmo mostra che l’ Incarnazione presenta una sua razionalità , é cioè spiegabile mediante ragione . Sullo sfondo di questa argomentazione e , in generale , della concezione di Dio di Anselmo , si é anche ravvisata l’ immagine di un sovrano feudale , che comanda ai suoi vassalli e a tutti richiede il servizio e le riparazioni dovute . Ma si tratta anche di un Dio che non impone una costrizione alla libertà umana . Questo tema é affrontato da Anselmo in 2 opere , Sulla libertà di arbitrio e Sulla concordia della prescienza e della predestinazione nonchè della grazia di Dio con il libero arbitrio , quest’ ultima composta nel 1109 . In entrambe , come in generale nell’intera produzione di Anselmo , é evidente l’ influenza della riflessione di Agostino , anche se ne sono smussate alcune punte pessimistiche . Secondo Anselmo , la libertà , per essere tale , non può essere costretta nè da necessità esterne nè da una necessità interna , come per esempio l’ istinto . Tuttavia la libertà non é possibilità di scelta tra peccato e non peccato , perchè , se così fosse , nè Dio nè gli angeli sarebbero liberi , dal momento che essi non possono peccare . In realtà la capacità di peccare diminuisce la libertà , che consiste invece nella capacità di conservare la ” rettitudine della volontà ” . Questa é volere ciò che Dio vuole che si voglia e può essere persa solo per un atto della volontà umana . Solo la grazia divina qundi può restituire all’ uomo la rettitudine della volontà , e la libertà diventa allora capacità di conservare questa rettitudine , quando essa é ridata all’ uomo da Dio . La libertà umana non é limitata neppure dalla prescienza e dalla predestinazione divina : Dio prevede tutte le azioni future , ma le prevede libere . Così anche nella predestinazione degli eletti alla salvezza Dio non impone alcuna necessità : sono salvati quelli di cui Dio conosce anticipatamente la rettitudine della volontà .

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