ANDREA CAMILLERI

ANDREA CAMILLERI


Diviso in ventiquattro capitoli – intitolati con citazioni tratte da opere varie -, a cui seguono un «Capitolo primo» e una «Nota» dell’autore, il romanzo prende spunto dall’Inchiesta parlamentare sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876).

Le vicende, ambientate nell’immaginario paese siciliano di Vigàta, si snodano attraverso un fitto dialogare in una lingua comica, realistica, mimetica: dal misto italo-tedesco dell’ingegnere minerario Fridolin Hoffer al siciliano di molti personaggi (ora nel registro popolare, ora in uno più aulico), dal toscano del prefetto Bortuzzi al romano del mazziniano Nando Traquandi, al piemontese del colonnello Aymone Vidusso. La vivacità e la velocità delle battute che si intrecciano restituiscono appieno il ritmo vorticoso di delitti, rivolte e cospirazioni realmente avvenuti in seguito alla stravagante decisione del Prefetto Eugenio Bortuzzi di inaugurare il nuovo teatro di Caltanissetta con un ‘opera lirica sconosciuta. La sera del 10 dicembre 1874, il nuovo teatro «Re d’Italia» viene infatti inaugurato con Il birraio di Preston del napoletano Luigi Ricci. La decisione, ostacolata dai vigatesi, viene imposta, e il Prefetto, con l’aiuto del potente Emanuele Ferraguto (don Memè) mette a tacere, con la forza e le minacce, le proteste dei dissidenti, come il falegname Amabili Adornato (don Ciccio) che viene accusato di furto e messo in prigione.
Alla serata inaugurale, il Prefetto ordina d non far uscire dalla sala nessuno fino alla fine della rappresentazione, e affida a un gruppo di militi a cavallo, e al Delegato dell’ordine pubblico Sebastiano Puglisi, il controllo della situazione. La serata si rivela un totale insuccesso. I vigatesi non apprezzano lo spettacolo, fischiano parlano ad alta voce, dialogano tra loro commentando scene, personaggi, cantanti. All’improvviso una stecca della cantante risveglia una guardia appisolata che si lascia sfuggire il moschetto da cui parte un colpo che scatena una vera e propria rivoluzione: gli spettatori, spaventati, cercano di uscire dal teatro, ma vengono respinti dai militi. Si organizza allora una resistenza armata, dalla quale il Prefetto e la moglie riescono a uscire miracolosamente illesi, nonostante i numerosi feriti. Due ore dopo la fine dei disordini, il teatro va a fuoco. A incendiarlo sono un rivoluzionario romano, il mazziniano Nando Traquandi e il vigatese Decu Garzia. Nella notte il fuoco viene domato da una piccola squadra di vigatesi coordinata da Fridolin Hoffer con una macchina di sua invenzione. Le fiamme, tuttavia, arrivano a lambire anche una casa vicina e mietono due vittime, Concetta Rigaccio vedova Lo Russo e Gaspàno, che vengono trovati insieme nel letto; mentre un altro cadavere, quello del dottor Gammacurta, viene scoperto in una attigua montagna di sale: il dottore, infatti, tentando di fuggire durante lo scompiglio, era stato scambiato per un ladro e colpito da un milite. II Delegato Puglisi e un perito delle assicurazioni, incaricati di individuare i responsabili dell’incendio, scoprono la natura dolosa del fatto. Da un dialogo tra il Prefetto e sua moglie si apprende che il funzionario aveva voluto organizzare a tutti costi l’allestimento del Birraio come un omaggio alla consorte, che aveva conosciuto a Firenze proprio durante la rappresentazione di quell’opera (anche se poi si scopre che l’opera in questione, in realtà, era La Clementina di Boccherini). In seguito alla morte di alcuni personaggi, tra cui Nando Traquando e Decu Garzia, in paese torna infine la tranquillità. Nel conclusivo «Capitolo primo» tutta la vicenda è riassunta da Gerd Hoffer – il figlio dell’ingegnere minerario Fridolin -, che per primo si era accorto dell’incendio e che si lascia andare alla rievocazione di quell’esperienza.