Analisi Lo sai debbo riperderti e non posso

Analisi Lo sai debbo riperderti e non posso

di Eugenio Montale

FONTE:https://liberacultura2013.wordpress.com/tag/metrica-de-lo-sai-debbo-riperderti-e-non-posso-di-eugenio-montale/


Lo sai: debbo riperderti e non posso.
Come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l’oscura primavera
di Sottoripa.
Paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall’aperto,
strazia com’unghia i vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia
da te.
E l’inferno è certo.


Breve analisi testuale
Metro:due strofe esastiche di endecasillabi e settenari, l’ultimo dei quali è suddiviso in due versi uniti da sinalefe: ma alla fine della prima strofa si ha un quintario. Rare e libere le rime esterne, frequenti le assonanze interne.
2-6. Come….aggiustato: come un tiro ben diretto contro di me, mi sommuove: mi causa turbamento profondo. Ogni aspetto esterno della vita lo turba perché gli fa avvertire più intenso il vuoto che ha nell’animo. spiro salino: sentore salso del mare. straripa: perché fuoriesce dal porto e infonde in Sottoripa un sentore di mesta primavera. oscura primavera: è un ossimoro ed è correlativo oggettivo della situazione d’animo del poeta.
7-8. Paese: il porto. alberature : gli alberi delle navi. a selva: che formano come una selva.
9-10. ronzìo lungo: è il rumore della vita lontana, che, forse per suggestione pasco liana acquista la voce sinistra d’un messaggio do aridità, di morte nella vita.
10-13. il poeta cerca il pegno ora smarrito, il solo che ebbe da lei in grazia, ma invano; e comunque sia anche il ritrovarlo non lo libera dall’inferno della solitudine.

Un distacco, nella vicenda d’amore che si traduce in “inferno”, reso evidente, questo, anzi, per dir così, incarnato nel correlativo oggettivo della città, fra oscura primavera e straziante ronzìo di macchine del porto che attualizza la coscienza d’una lacerazione, d’un vuoto, di un’assenza totale. La lirica è del 1934, una delle più antiche, dunque, dei Mottetti.