Analisi L’incontro con Parini

Analisi L’incontro con Parini


La situazione negativa dell’Italia napoleonica. È un episodio chiave del romanzo, dove si può cogliere con chiarezza il nucleo centrale della sua problematica politica e di tutto il dramma del protagonista. Punto di partenza del dialogo è la situazione negativa dell’Italia napoleonica. I due interlocutori, il giovane Jacopo e il vecchio poeta, rappresentano due atteggiamenti possibili dinanzi ad essa: la rivolta generosa ma astratta, pronta a tentare il tutto per tutto pur di contrastare una situazione intollerabile, e l’analisi lucida e puntuale, ma realisticamente consapevole dell’impossibilità di ogni alternativa.

Parini apre il colloquio con un esame delle condizioni dell’Italia presente. Le componenti del quadro sono: 1) la «licenza», la degenerazione della libertà rivoluzionaria in arbitrio; 2) il fatto che gli uomini di cultura vendano la loro opera pur di ottenere favori dal potere; :3) lo spegnersi dello spirito eroico, il diffondersi della passività e della corruzione; 4) la scomparsa di valori basilari come la benevolenza, l’ospitalità, l’amore filiale.

Smania d’azione e pessimismo. Dinanzi a questo quadro, Jacopo reagisce con un’eroica smania d’azione, da intendersi come azione rivoluzionaria contro il dominio francese. Ma il vecchio Parini disillude gli eroici furori del giovane: l’eroe, agendo in un contesto degradato, non può evitare di subirne la contaminazione. Ma anche se, per assurdo, potesse superare questo ostacolo, il prezzo di un’azione rivoluzionaria sarebbe pur sempre troppo alto: violenza, lotte civili, stragi, soffocamento dei partiti e della libertà di opinione, attentati alla proprietà privata; e lo sbocco fatale sarebbe la dittatura.

Sono tutti gli aspetti del processo rivoluzionario attraversato dalla Francia negli anni precedenti. Attraverso il pessimismo di Parini, Foscolo esprime il proprio pessimismo sulla possibilità dell’agire politico in questo momento, specie in una prospettiva rivoluzionaria: un’azione rivoluzionaria contro la dittatura napoleonica non risolverebbe nulla, poiché riprodurrebbe come in un ciclo fatale gli stessi orrori della Rivoluzione francese e sfocerebbe inevitabilmente in un’altra dittatura («di filosofo saresti fatto tiranno»). Si scorge in queste posizioni il peso della delusione storica patita dalle adolescenziali aspirazioni “giacobine” del poeta .

Le alternative fuori e dentro la storia. Se alla situazione presente non si possono dare alternative sul piano della storia, non resta che un’unica via d’uscita: la morte («non veggo più che il sepolcro»). E il suicidio finale di Jacopo è coerente con questa conclusione. Ma bisogna stare attenti a non identificare totalmente la prospettiva di Foscolo con quella di Jacopo. Come ha osservato Binni, la vicenda reale dello scrittore segue un’altra strada rispetto a quella del suo eroe, quella di una «partecipazione critica alla storia del proprio tempo»: Foscolo non si uccide come Ortis, ma, sia pur criticamente, continua ad operare all’interno del regime napoleonico. Il nichilismo di Jacopo, dunque, non è che uno dei momenti di una dialettica aperta all’interno della visione foscoliana: anzi lo sforzo dello scrittore, in questi anni, è proprio quello di ritrovare le basi per la partecipazione alla Storia, nonostante l’approdo nichilistico a cui la delusione rivoluzionaria lo induce. Questo sforzo si sviluppa nella restante produzione di Foscolo, ma, come verificheremo, è più da cercare dentro l’Ortis. Rappresentare la disperazione senza via d’uscita del suo eroe è, dunque per Foscolo un modo di obiettivare tendenze negative della sua personalità che potrebbero bloccare questa ricerca e un modo di prendere criticamente le distanze da esse. In questa luce il suicidio finale di Jacopo appare quasi come un gesto sacrificale, con cui lo scrittore si libera di queste tendenze, per proseguire su un’altra strada ( con questo, però, l’Ortis rimarrà una tappa fondamentale, tant’è vero che Foscolo vi ritornerà ancora più volte a distanza di molti anni)