Analisi della poesia La primavera hitleriana

Analisi della poesia La primavera hitleriana

DI EUGENIO MONTALE


Questa poesia prende l’avvio dalla visita di Hitler a Firenze nel maggio del 1938. L’atmosfera che ci suggerisce la prima strofa, ricca di aggettivi e immagini cupe, è alquanto lugubre: le falene si adagiano a terra e formano un tappeto di morte che scricchiola sotto i piedi e la primavera risulta ancora fredda, avvolta in un gelo racchiuso nei nascondigli segreti dell’inverno (la “stagione morta”). Nella strofa successiva comincia un flashback che riprende la sinistra parata: Hitler è un “messo infernale” e, ai suoi lati, ali di fascisti lo salutano coll’antico grido di vittoria “alalà”, bandiere con la svastica sventolano ovunque e nelle botteghe chiuse si notano giocattoli di guerra o capretti uccisi; e questi oggetti perdono immediatamente la loro valenza reale per diventare simbolo e immagine stessa di una realtà (e perciò sono detti correlativi oggettivi) riguardante la guerra e la sua carneficina. Montale parla di una “sagra”, la festa dei bottegai, definendoli con un ossimoro, i “miti carnefici”, ovvero coloro che non si rendono conto di annunciare con i loro giocattoli e capretti la guerra imminente. La terza strofa è tutta rivolta a Clizia, che nella mitologia antica è l’Oceanina che si innamora del dio Apollo e che quando muore viene trasformata in girasole dagli dei. Dietro a questo pseudonimo si cela Irma Brandeis, una ebrea tedesca che studia letteratura italiana e che il poeta conosce proprio a Firenze. Ogni volta che il poeta parla di lei nelle sue poesie, inserisce anche il tema della separazione e della lontananza da lei; inoltre questa assume sempre le sembianza di una donna idealizzata, incredibilmente simile alla donna-angelo della tradizione stilnovista, e sempre rifacendosi alla tradizione letteraria più antica, spesso il poeta si riferisce a lei con un “senhal”, un nome che ci fa pensare a lei, come in questa poesia possono essere il nome Clizia, il sole o il girasole. Montale si chiede se il suo amore sia servito a qualcosa o se tutto sia stato per nulla, un dubbio che nasce dal fatto che in una Firenze invasa dai demoni ormai nessuno più è incolpevole, neanche i miti bottegai che ormai sono carnefici. In una terra dove ormai l’orrore ha conquistato ogni cosa, Clizia viene chiamata alla missione salvifica, che le deriva dalla sua condizione di donna-angelo, di conservare immutato il suo amore segreto (“cieco sole”) finché questo non si annulli in Dio per la salvezza di tutti. Clizia, quindi, diventa “cristofora” , immagine di Cristo, essendo come lui portatrice di salvezza per l’umanità e destinata alla sofferenza. Il poeta immagina già che nel suono delle sirene e delle campane che salutano i demoni si confonda il suono proveniente dal cielo che decreta la loro sconfitta, e che l’alba dell’indomani sia priva di orrore. L’immagine finale è quella di un paesaggio desolato, devastato, che diventa correlativo oggettivo di un’Europa sconvolta dalla guerra. Da questa poesia si può notare quindi come per Montale l’arrivo di Hitler non sia un evento festoso, ma anzi luttuoso e portatore di disgrazie; per lui il nazismo e il fascismo non rappresentano un cambiamento positivo ma una manifestazione del male. Il poeta, però, ha voluto precisare che le poesie contenute nella raccolta “La Bufera e Altro”, da cui è tratta anche “La Primavera Hitleriana” sono riferibili alla condizione storica degli anni ’30 e ’40, ma non si concludono in essa: per il lui il male è presente sempre e ovunque ma si hanno periodi in cui questo si concentra maggiormente; l’epoca dei totalitarismi ne è un esempio. Mattia Cavedoni 

In un dattiloscritto del poeta, questo testo porta la data 1939-1946. Nel volume “La Bufera e altro” c’è questa nota sulla poesia: “Hitler e Mussolini a Firenze. Serata di gala al teatro Comunale. Sull’Arno, una nevicata di farfalle bianche”. La visita di Hitler a Firenze fu il 9 maggio 1938; la nevicata di farfalle bianche è la comparsa improvvisa di miriadi di insetti alati che si ha spesso in primavera, nella stagione della riproduzione.. Nella poesia compare la donna chiamata dal poeta Clizia, e l’origine mitologica del nome è spiegata dalla citazione posta in epigrafe. 

METRO: lunghi versi liberi inframezzati da endecasillabi


I TEMI:

La poesia intreccia diversi motivi in modo complesso, ma coerente:

la comparsa nell’aria serale di miriadi di insetti alati sembra una nevicata in primavera avanzata: pare uno sconvolgimento delle stagioni, dell’ordine cosmico

questo disordine inquadra la comparsa di un messo infernale, Hitler, accompagnato dai suoi sgherri; tutti partecipano in qualche modo alla sua festa, e sono coinvolti, anche se miti, in una grande colpa storica

dunque sono stati forse vani i segni di speranza e nuova vita che hanno accompagnato la presenza di Clizia e che la tempesta infernale sembra risucchiare e distruggere.

Ma Clizia deve continuare a volgersi a Dio, consumarsi in Lui per la salvezza di tutti; forse già rintocca dal cielo un’alba di rinascita, che sorgerà al sud, dove sono sbarcate le truppe liberatrici.

 E’ questa una delle poesie di Montale più fitte di riferimenti storici precisi (per quanto sovrapponga momenti diversi , dall’inizio della guerra alla sua conclusione). La storia è però trascritta dal poeta su un piano di vicenda cosmica, soprannaturale: la guerra è uno sconvolgimento dell’ordine della natura, il nazismo è un’interpretazione di forze diaboliche, la liberazione militare si presenta come una Resurrezione pasquale. Come sempre in Montale,  ogni fatto è una realtà concreta e insieme il segno di qualcosa di più generale.  

Al centro è la figura di Clizia1, investita di connotati religiosi: la sua presenza si accompagna a richiami biblici di speranza, il mito antico che le dà il nome è trasformato in un destino di dedizione all’amore divino, in forza del quale la donna ha la funzione di salvare l’umanità. E’ questo uno dei luoghi dell’opera di Montale in cui la sua vaga aspirazione religiosa si precisa nella fede mistica in un Dio.


LE FORME

La poesia è attraversata da una fitta rete di simboli; si possono seguire le riprese e le variazioni di quelli che si riferiscono

a un mondo demoniaco

alla luce

al fuoco o alla coppia antinomica fuoco/gelo

Il gusto montaliano per le sonorità aspre è evidente, soprattutto nei punti in cui è rappresentatato l’elemento negativo, diabolico

Concorre all’efficacia della poesia il movimento ritmico: i versi liberi lunghi hanno un andamento lento e scandito, mentre il ritmo accelera dove compaiono serie di endecasillabi; i primi appaiono in genere nei momenti più cupi, i secondi dove l’angoscia si allenta o dove appaiono segni di speranza.


Riflessioni

L’iniziale turbinare folle delle falene (farfalle crepuscolari) è immagine emblematica: dà l’impressione di una “tempesta invernale” (una bufera di neve?) che s’abbatta improvvisa nella tarda primavera, con un senso di gelo, di stagione stravolta, come il mondo umano, sommerso da un gelido presentimento di morte, di esistenze lacerate e calpestate (cfr. la coltre di farfalle sulle quali il piede scricchia con suono sinistro). L’estate imminente non produce calore, ma sembra liberare il gelo rimasto come imprigionato negli orti…Un senso d’inverno, di arida desolazione: un presenimento dell’orrore sinistro della guerra, della violenza fredda e calcolata

(L’orrore dell’ultimo conflitto mondiale – oltre le stragi sui campi di battaglia quelle operate nei campi di concentramento e fra le inermi popolazioni cittadine, il fanatismo delle ideologie totalitarie che esasperarono questo orrore con violenze e crudeltà agghiaccianti – è presente in tutta la Bufera, assunto come realtà e, al tempo stesso, come emblema della tragica condizione esistenziale dell’uomo, della sua chiusura in un tempo che è frustrazione e condanna, in una vita che è delusione e anelito senza speranza. Quest’idea del destino umano non si definisce, però, in un’atmosfera astrattamente metafisica, ma si riconosce in una storia, in una crisi radicale di valori e di civiltà di cui il poeta è dolente e compartecipe testimone).

Il piano ontologico-esistenziale si integra sempre qui con quello storico ad esso coessenziale. In questa lirica, che rievoca una vicenda del 1938 ma fu composta nel dopoguerra, il tema politico è evidente; l’occasione è anche esplicitamente dichiarata dal Montale: in una sua nota: “Hitler e Mussolini a Firenze. Serata di gala al Comunale. Sull’Arno una nevicata di farfalle bianche; a questi sono aggiunti altri particolari della sagra sinistra, cioè le varie manifestazioni di ossequio all’ospite, secondo la spettacolare liturgia amata dai regimi totalitari: tra le acclamazioni (alalà) di sgherri prezzolati (scherani), il “messo infernale” (Hitler) viene inghiottito dal teatro Comunale tutto pavesato di bandiere naziste con la croce uncinata. La grande cerimonia propagandistica, celebrazione dell’amicizia italo-tedesca è, senza che la gente ancora se ne renda conto, una preparazione alla guerra voluta dai capi.

Gli italiani che mettono nelle loro povere e inoffensive vetrine cannoni e giocattoli di guerra, assecondando la propaganda bellicistica del fascismo, la prendono come una sagra paesana, sono carnefici miti che ancora ignorano la violenza e il sangue cui questa festa prelude.