ANALISI DEL TESTO DEI SEPOLCRI

ANALISI DEL TESTO DEI SEPOLCRI

DEI SEPOLCRI FIGURE RETORICHE

FONTE:http://foscolo.letteraturaoperaomnia.org/parafrasi/foscolo_parafrasi_dei_sepolcri.html

FONTE:https://trucheck.it/letteratura/23273-dei-sepolcri.html


l carme Dei Sepolcri fu composto dal Foscolo tra il giugno e il settembre 1806, e pubblicato nell’aprile del 1807 a Brescia, con l’epigrafe tratta dal de Legibus di Cicerone: «Deorum Manium iura sancta sunto»: I diritti degli dei mani saranno sacri. Nel 1804 era stato promulgato l’editto napoleonico di Saint-Cloud che poi fu esteso all’Italia il 5 settembre 1806. L’editto imponeva che i cadaveri fossero sepolti soltanto nei cimiteri e che non si facesse alcuna distinzione tra i defunti tra uomini comuni e celebrità.

Parafrasi:

Il sonno della morte è forse meno doloroso all’ombra dei cipressi e nei sepolcri su cui i parenti possono piangere i loro morti?

Quando il Sole per me non feconderà più la terra con le belle specie piante e di animali, e quando il futuro per me non ci sarà più davanti, ricco di lusinghe, né potrò più udire, dolce amico, la tua poesia malinconica, né più sentirò nel cuore l’ispirazione poetica e il sentimento d’amore, unico alimento per la mia vita di esule, quale risarcimento per i giorni perduti potrà mai costruire una pietra tombale che distingua le mie ossa da tutte le altre che la morte dissemina in terra e in mare?

E’ proprio vero, Pindemonte! Anche la Speranza, ultima Dea, abbandona i sepolcri; e la dimenticanza avvolge ogni cosa nelle tenebre della notte; il tempo muta l’uomo, i sepolcri, le spoglie e ciò che resta della terra e del cielo.

Ma perché l’uomo dovrà privarsi prima del tempo dell’illusione che seppur morto possa tuttavia soffermarsi sulla soglia del regno dei morti?

Non vive anche egli sotto terra, quando la bellezza del mondo sarà per lui cessata, se può destare l’illusione di sopravvivenza con il ricordo dei teneri affetti nella mente dei suoi cari?

Questa corrispondenza di affetti tra i defunti e i vivi è un dono celeste; e spesso attraverso di essa si continua a vivere con l’amico morto, e il morto continua a vivere con noi, a condizione che la terra pietosa che lo accolse e lo nutrì da bambino, offrendogli nel suo grembo materno l’ultimo rifugio, renda inviolabili i suoi resti dagli oltraggi degli agenti atmosferici e dal sacrilego piede del volgo, e una lapide conservi il nome, e un albero amico, profumato di fiori consòli le ceneri con la dolce ombra. Solo chi non lascia affetti tra i vivi ha poco conforto nella tomba; ………

Tuttavia una nuova legge oggi impone che i sepolcri siano posti fuori dagli sguardi pietosi, e toglie la possibilità di nomi sulle tombe. E senza tomba giace il tuo sacerdote (Parini), o Talia (musa della poesia satirica), il quale cantando per te nella sua povera casa fece crescere una pianta d’alloro con amore costante, e ti offriva corone di fiori (poesie); e tu rendevi bella con la tua ispirazione la poesia che criticava il nobile lombardo (Sardanapalo) per il quale è gradito solo il muggito dei buoi che, provenendo dalle rive dell’Adda e del Ticino, lo rendono beato di ozi e di cibi.

Oh bella Musa, dove sei? Non sento il profumo dell’ambrosia, che indica la presenza della musa, fra questi tigli dove io sto seduto sospirando per la mia patria lontana. E tu venivi e gli sorridevi sotto quel tiglio che ora con le fronde intristite sembra fremere perché non ricopre, o Dea, la tomba del vecchio a cui già aveva profuso calma e ombra. Forse tu fra le tombe comuni stai vagando ansiosamente per cercare dove sia sepolto il capo sacro del tuo Parini? A lui la città corrotta compensatrice di cantanti evirati, non ha dedicato una tomba ombrosa, non una lapide, non un’epigrafe; e forse insanguina le ossa di Parini il capo mozzato di un ladro che è stato giustiziato sul patibolo per i suoi delitti. Senti raspare tra le tombe ridotte a macerie e gli sterpi la cagna randagia che vaga tra le fosse, latrando per la fame; e uscire dal teschio, dove si era rintanata per sfuggire la luna, l’upupa e svolazzare tra le croci sparse nel cimitero di campagna, e senti l’immondo uccello rimproverare con il suo verso lugubre i raggi che pietosamente le stelle inviano alle sepolture dimenticate. Invano sulla tomba del tuo poeta, o Dea, invochi gocce di

rugiada dalla squallida notte. Ahi! Sui morti non sorgono fiori, se il morto non viene onorato dalle lodi umane e dal pianto amoroso.

Spiegazione:

La prima parte affronta il tema dell’utilità delle tombe e dei riti dedicati ai morti. Dal punto di vista materialistico e laico essi sono inutili e non riscattano, per chi muore, la perdita della vita. Si nota però un senso legato alla dimensione sociale dell’uomo, e garantito per l’estinto dai superstiti che lo rimpiangono e lo ricordano, prolungandone la vita attraverso la memoria. Per aiutare questo scambio e facilitarne la durata assumo un ruolo importante le tombe,con annessi,i riti funebri. La morte però non è uguale per tutti e non rende i morti tutti uguali. I cattivi possono solo sperare nel perdono di Dio, perché sono esclusi dalla memoria dei superstiti. I buoni, invece, sono a lungo conservati nei ricordi dei vivi. La nuova legge risulta ingiusta perché,per cancellare le differenze sociali e sottolineare l’eguaglianza di natura fra gli uomini, nega di dare il giusto riconoscimento ai meriti dei migliori.

Il carme si apre con due domande retoriche, la cui risposta è implicitamente negativa. La morte è meno dolorosa dentro le tombe? La tomba consola della vita perduta? No, perché il tempo che passa travolge tutto nella sua oscurità e perché la natura distrugge ogni cosa nel suo incessante movimento e perché il tempo trasforma ogni uomo e ogni cosa della terra e del cielo. Ma l’uomo perché, prima di morire, deve negarsi l’illusione di rimanere vivo tra i suoi cari? Solo chi muore senza amore ha una tomba solitaria ubicata in una terra desolata ….. Però, una nuova legge

proibisce le tombe dentro le città e proibisce di scrivere il nome del defunto sulle lapidi. A causa di questa legge il poeta Giuseppe Parini giace in una fossa comune anonima e la sua tomba non è più riconoscibile. Parini scrisse una opera poetica che pungeva e scherniva il vizioso nobile ozioso lombardo come ad esempio Sardanapalo. Tu, o Talia, cerchi Parini nel cimitero dei plebei, dove una cagna raminga erra e dove l’ùpupa svolazza tra le croci, togliendo il silenzio ai morti. E tu, Talia, invano implori una pioggia sulla tomba del poeta poiché nessun fiore nasce sulle tombe quando non è coltivato da pianto affettuoso (vv. 1 – 90).

Struttura e Figure Retoriche

I sepolcri sono costituiti da 295 endecasillabi sciolti. Il testo è suddivisibile in quattro parti, secondo il suggerimento offerto dallo stesso autore. È dedicato a Ippolito Pindemonte, poeta, carissimo amico di Ugo Foscolo, che aveva scritto poesie ed epistole sui cimiteri inglesi.

I frequenti enjambements rafforzano il senso di difficoltà e di densità espressiva, la sintassi è ricercata.

Le figure retoriche sono parte essenziale Dei sepolcri. Esse sono tante a cominciare dalla celebre domanda retorica dell’incipit; continuando vi è il perfetto parallelismo tra le prime due interrogative retoriche (vv. 1 – 15). Le altre figure retoriche sono: uso sistematico delle inversioni, iperbati, parole di origine latina, selezione raffinata del lessico, usi inediti o rari di sostantivi, tropi sublimi, metafore preziose, personificazioni ardue. I frequenti enjambements rafforzano il senso di difficoltà e di densità espressiva.

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