Analisi del libro Il piccolo principe

Analisi del libro Il piccolo principe

Analisi del libro Il piccolo principe


Il libro “Il Piccolo Principe” è una favola scritta per bambini, ma apprezzata da un pubblico trasversale; infatti, in base all’età del lettore cambiano le categorie di analisi con cui ci si avvicina alla lettura del testo; ad esempio, il pubblico adulto può essere maggiormente in grado di cogliere la metafora della vita, sottesa dall’autore, nella sua totalità. 
Il racconto, secondo me, ha una marcata valenza autobiografica: si nota una forte similitudine tra il protagonista e l’autore-narratore; innanzi tutto il Piccolo Principe si ritiene abbia pressappoco sei anni, ovvero l’età del narratore de Saint – Exupéry, nel momento in cui gli adulti hanno scoraggiato la sua vocazione per il disegno: “…questa volta mi risposero di lasciare da parte i boa, sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all’aritmetica ed alla grammatica. Fu così che a sei anni io rinunciai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore…”. 

L’autore ritiene che nella società, quindi “ Il Piccolo Principe” si dimostra molto attuale, si tenda ad insegnare al bambino a fare “in piccolo” quello che l’adulto fa in grande, in linea con l’attuale concezione dei media e dei giocattoli. In una tale prospettiva si cercano di accorciare i tempi dell’infanzia fino ad estinguerla, cercando di “addestrare” il piccolo ad uno sviluppo intellettuale sempre più veloce e precoce.Come ha rilevato Maria Montessori, nell’infanzia, è fondamentale, da parte del bambino, la sperimentazione del mondo in tutte le discipline, in maniera libera, per poter così comprendere le proprie preferenze, senza che l’adulto diriga rigidamente le sue scelte. 
L’autore evidenzia l’ingenuità e la fantasia dell’infanzia, in contrapposizione alla rigidità del pensiero dell’uomo già maturo “…i grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta…”. Infatti l’autore, nel racconto, ci illustra varie tipologie di stereotipi della vita adulta: il re che regna su tutto e su niente; il vanitoso che non sente altro che lodi; l’ubriacone che beve per dimenticare la vergogna di bere; l’uomo d’affari che passa il suo tempo a contare le stelle perché crede che contandole gli apparterranno; il lampionaio che passa la sua vita a spegnere ed accendere il lampione ed infine, il geografo, che basa il suo lavoro sulle ricerche degli esploratori ma non avendo nessun esploratore sotto mano, si crogiola nell’ignoranza. Antoine de Saint-Exupèry mette in luce come gli adulti con le loro “bizzarrie” siano totalmente presi dai loro affari e non riescano a cogliere il senso della realtà e della reale utilità delle loro azioni, senza badare agli interrogativi posti dal Piccolo Principe.

Diverso dai precedenti è l’incontro fatto sul pianeta Terra, dove il Piccolo Principe incontra l’autore-narratore; il primo sembra essere una metafora dell’infanzia nascosta e quasi dimenticata del secondo; il Piccolo Principe gli permette di riavvicinarsi al suo bambino interiore e di riuscire a leggere la realtà con gli occhi dell’infanzia.
Questa stessa tematica è, secondo me, rintracciabile nella Poetica del Fanciullino (apparsa nel 1897 come Pensieri sull’Arte Poetica) di Giovanni Pascoli.Di fatto si può sottolineare come la poesia sia per Pascoli la voce del poeta-fanciullo che riscopre la realtà delle cose, anche delle più piccole; è uno sguardo vergine che si posa sul mondo e ne evidenzia gli aspetti più nascosti. Secondo Pascoli, dunque, può dirsi poeta colui che è riuscito ad esprimere quello che tutti stavano pensando ma che nessuno riusciva a dire. Sempre in una tale concezione, come nel mito platonico del Fedone, esiste dentro di noi un fanciullino che nell’infanzia si confonde con noi, ma che con il sopraggiungere della maturità, non cresce e continua a far sentire la sua voce ingenua, suggerendoci quelle emozioni e sensazioni che solo un fanciullo può avere. Spesso, però, questa parte che non è cresciuta non viene più ascoltata dall’adulto, ed è proprio questo aspetto che viene riproposto da de Saint-Exupèry.
Nel romanzo si ritrova non solo il rapporto tra adulti e bambini, grandi e piccoli, ma anche quello tra pari; come tali penso vadano visti il protagonista e la volpe: quest’ultima ha rivelato come le amicizie possano essere tante ma sempre unica. Il narratore-autore si rammenta, a mano a mano che il Piccolo Principe racconta, di quando anche lui guardava non con gli occhi ma con il cuore. La volpe insegna al Piccolo Principe che l’amico non è una persona uguale a centomila altre ma :”…se tu mi addomestichi,noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai unico al modo ed io sarò per te unica al mondo…”, gli insegna cioè il valore dell’amicizia, che per lei significa essere addomesticata e per il Piccolo Principe vuol dire prendersi cura della sua rosa, la rosa speciale.

A questo proposito si sottolinea l’importanza delle esperienze formative non intenzionali, quali possono essere i rapporti amicali; questo rapporto può essere anche letto dal punto di vista dell’acculturazione se consideriamo i due attori come provenienti da culture differenti. In questo caso appare come dominante la posizione della volpe, la quale spiega al Piccolo Principe il significato di addomesticare poiché nella sua “cultura” è un concetto inesistente. Il Piccolo Principe cerca gli uomini, ovvero la legge per vivere nel mondo degli uomini, e la volpe, saggia e non astuta come nelle favole tradizionali, spiega il modo attraverso il quale è possibile la conoscenza, cioè tramite “l’addomesticare”; certo, la conoscenza implicherà poi anche la sofferenza, ad esempio quella del distacco, ma varrà la pena soffrire se poi in cambio si guadagnerà “il colore del grano”, cioè una nuova visione delle cose. “…I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”
Nel rapporto tra il Piccolo Principe e volpe,come nella totalità del romanzo, si mostra, a mio parere, il concetto di ambiente che educa; infatti il Piccolo Principe è costretto a lasciare la sua stella e la sua rosa per prendere a poco a poco conoscenza di tutti gli altri pianeti, oltre al suo: dagli incontri che fa nei diversi ambienti, acquisisce delle conoscenze che fino a quel momento gli erano precluse. 
Un’altra figura fondamentale, degna di menzione, è la rosa di cui il Piccolo Principe si occupa sul suo asteroide B612 e di cui riconosce l’importanza solo dopo i viaggi e le esperienze sui diversi pianeti “…avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie…ma ero troppo giovane per saperlo amare”. Sotto la luce delle similitudini tra le vicende autobiografiche di de Saint Exupèry e il Piccolo Principe, si può citare l’opinione secondo cui l’autore abbia voluto rappresentare la propria moglie attraverso il personaggio della rosa.
Il Piccolo Principe ci riporta ad una concezione d’infanzia Rousseauniana, in cui il bambino non è contaminato da leggi e stereotipi sociali, ma continua a guardare il mondo con ingenuità e a seguire il suo istinto senza porsi limitazioni.
Si può ipotizzare un’analogia tra il nobile selvaggio di Rousseau e il Piccolo Principe: il selvaggio è una figura mitizzata, espressione di qualcosa di perduto e non riconquistabile da chi viveva nell’Europa di allora, ma riconquistata, alla fine del romanzo, dall’autore- narratore.
Da una lettura critica del romanzo si evince il percorso di crescita di de Saint – Exupéry, che può essere letta, a mio giudizio, come un percorso a ritroso verso il ritrovamento dell’innocenza dell’essere bambino.In questo modo l’autore riesce a vedere sotto un’altra prospettiva ciò che prima riusciva ad osservare solo nella “maniera adulta”, vale a dire solo con gli occhi..
Ad un livello più superficiale le esperienze del Piccolo Principe possono apparire come bizzarre, ma se si scende ad un livello più profondo è evidente che esse rappresentino delle esasperazioni della società in cui l’autore viveva, la stessa società adulta che ha distrutto il suo sogno da bambino, in altre parole seguire la carriera di pittore.
Tante bizzarrie una dopo l’altra scombussolano il Piccolo Principe; il bambino di sei anni, che Saint-Exupery era stato, aveva fallito crescendo, e si era dimenticato che la stessa cosa era capitata a lui; ma fortunatamente ha avuto l’incontro nel deserto con il “suo” Piccolo Principe che gli ha insegnato a guardare prima che con gli occhi, con il cuore.
Così il Piccolo Principe può decidere di farsi morsicare dal serpente nel deserto e lasciare la Terra; infatti, l’autore-narratore non ha più bisogno di lui perché il Piccolo Principe è riuscito nel suo intento di far ritornare bambino l’adulto.

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