ANALISI DEL CAPITOLO 8 DEI PROMESSI SPOSI

ANALISI DEL CAPITOLO 8 DEI PROMESSI SPOSI


-L’ottavo capitolo dei Promessi Sposi si può dividere in tre parti, quasi fossero tre atti di un rappresentazione teatrale. Il primo è incentrato sul tentativo fallito dei promessi di pronunciare la formula del matrimonio. Il ritmo è abbastanza lento, come per preparare al secondo atto, decisamente veloce. Don Abbondio dà l’allarme all’intero popolo poiché ha degli intrusi in casa, questi tentano di fuggire senza essere riconosciuti, mentre i bravi in casa di Agnese cercano invano Lucia, ma sono messi in fuga dalla campana dell’allarme. L’ultima parte, invece, ha un ritmo lentissimo che crea molto contrasto con le pagine precedenti cariche di tensione. Menico avverte i “fuggiaschi” di rifugiarsi da Fra Cristoforo; così, arrivati al convento, il frate spiega l’intenzione dei bravi di rapire Lucia e li invita a scappare per un certo periodo in paesi circostanti. Le ultime pagine poi presentano il saluto della ragazza al suo amato paese. La storia si svolge apparentemente in modo uniforme, anche se alcune volte vi sono degli interventi dell’autore. Questi sembrano degli approfondimenti che il Manzoni vuole offrire al lettore. Inoltre per tutto brano ricorre il tema della luna che poi farà da sfondo al malinconico addio di Lucia. Nel capitolo vi è anche un flashback in cui viene raccontata l’intrusione dei bravi in casa di Agnese e quello che era successo con Perpetua e Agnese durante l’intromettersi dei promessi in casa del prete. La maggior parte del racconto è articolato in sequenze narrative, sebbene ce ne siano alcune dialogate e riflessive. Queste ultime di solito coincidono con l’intervento del Manzoni nella storia e con le pagine terminanti del capitolo, mentre alcune forme di discorso diretto interrompono in certi punti le parti narrative per dare ancora di più il senso di drammaticità. Nella narrazione ci sono anche delle sequenze descrittive che hanno funzioni diverse. Nella prima viene presentata ancora una volta la figura grottesca di don Abbondio. La seconda, invece, di natura quieta e tranquilla nel
descrivere il lago calmo, contrasta con la confusione precedente e sembra rivelare con questa pacatezza i travagli nascosti degli uomini. Infine la breve descrizione del palazzo di don Rodrigo spezza l’atmosfera desolante del paesaggio e si avvicina allo stato d’animo di Lucia, ovviamente triste. Durante il racconto il Manzoni si propone come narratore onnisciente, però possiamo notare alcune sue critiche nelle sequenze riflessive e nelle espressioni come “li abbiamo lasciati”, “lasciamoli andare” che catturano l’attenzione del lettore quasi per immetterlo nella storia. Per quanto riguarda le tecniche espressive, essendo un racconto abbastanza narrativo, vi è uso di discorso indiretto, ma l’autore preferisce comunque privilegiare quello diretto per rendere più interessante la lettura. In tutto il capitolo viene espresso un tempo passato, tipico del romanzo. A volte, inoltre, vengono usati molti verbi vicini per dar velocità e aumentare il senso di ansia e timore. Tuttavia in alcuni casi lo scrittore utilizza anche il presente. Ad esempio quando interviene nella narrazione nelle espressioni “il perché lo sapete” come se stesse parlando direttamente col lettore, oppure nel lungo addio di Lucia dove appunto vengono mostrati i pensieri della ragazza. In questa parte del libro sono presenti numerosi personaggi. Il primo è Don Abbondio sulla cui ignoranza Manzoni ironizza nelle prime righe del capitolo. Vediamo la diffidenza del parroco verso tutti, anche verso Perpetua come si nota nella frase “siete ben sicura che sia proprio lui?” e la paura quando si chiude in una stanza e chiama subito aiuto. Nonostante non sia un persona cattiva, nella storia assume una funzione di antagonista in quanto ostacola il matrimonio. Perpetua, invece, è una donna molto permalosa e curiosa, quindi Agnese sa bene come catturare la sua attenzione. L’anziana donna si presenta ancora saggia e abile anche quando poi fuggirà con Lucia e Renzo. Passiamo poi ai protagonisti del cui carattere conosciamo già alcuni aspetti.
Lucia è un ragazza sensibile come si vede nella sua paura di intromettersi in casa di don Abbondio e nel triste saluto al suo paese. Tra i personaggi secondari troviamo il Griso e gli altri bravi che si mostrano tanto duri, ma al primo rintocco della campana scappano urlando come fifoni; il sacrestano Ambrogio, invece, sembra ricalcare la figura timorosa di don Abbondio in quanto dice “vengo subito”, però poi si muoverà più tardi quando anche gli altri uomini saranno arrivati. Tonio e Gervaso sembrano aiutare i due giovani promessi, ma nella confusione che accade in casa del curato, Tonio mostra la sua avidità cercando subito la ricevuta del debito; Gervaso, invece, grida e salta come un bambino che si accorge di aver fatto una cattiva azione. Infine incontriamo Fra Cristoforo e fra Fazio, il primo esprime una grande religiosità e saggezza rispetto all’altro, forse più sensibile poiché all’allontanarsi dei protagonisti, quasi si commuove. Il linguaggio del Manzoni è certamente semplice e comune, in quanto il libro era indirizzato a tutto il popolo e non alle persone più colte. Per questo anche i periodi non sono complicati né troppo lunghi. Sono presenti alcune parole onomatopeiche come “Ton, ton, ton” e il rintocco della campana che costituisce un elemento acustico nel capitolo insieme a quello visivo della luna. Il primo rende l’atmosfera più grave e drammatica legata appunto alla seconda parte, mentre il secondo sembra quasi riflettere la speranza della ragazza nel futuro matrimonio. Altre parole che riproducono suoni si trovano nella descrizione del lago: “gorgoglio, tonfo, fiotto morto e lento frangersi”. Poi nella frase “Don Abbondio, vide confusamente, poi vide chiaro, di spaventò, si stupì, s’infuriò, penso, prese una risoluzione” c’è un climax ascendente molto veloce; mentre con una similitudine l’autore identifica con disprezzo i bravi paragonati ad una mandria di porci guidati dal cane. Poi nell’espressione “qui giace la lepre” il Griso è paragonato ad un cacciatore che con l’istinto fiuta
la selvaggina. Infine in questo capitolo possiamo trovare una corrispondenza con il primo nella presentazione del paesaggio. Infatti le prime pagine del libro offrono la descrizione del paese come se una telecamera si avvicinasse verso l’interno. Al contrario l’ottavo capitolo termina con una visuale sempre più lontana del villaggio.