ANALISI CANTO XII-ORLANDO FURIOSO

ANALISI CANTO XII-ORLANDO FURIOSO


L’episodio si ricollega a quello del primo castello di Atlante in cui il mago aveva già attirato con
l’inganno Ruggiero, il figlio adottivo cui era affezionato e che voleva preservare dall’infausto
destino di essere ucciso a tradimento dopo la conversione e le nozze con Bradamante, da cui

doveva nascere la dinastia estense; nel primo caso l’incanto era stato vinto dalla stessa donna
guerriera, ma Ruggiero era stato poi portato via dall’ippogrifo. Questo secondo castello attira
invece anche altri paladini (Orlando, Ferraù, Sacripante…) facendo loro credere che al suo interno
vi sia la cosa o la persona che inseguono, trattenendoli poi qui in una affannosa quanto vana
ricerca che dura mesi, il cui fine è tenere Ruggiero lontano dalla guerra e dai pericoli. I guerrieri
dentro il palazzo non possono riconoscersi per magia, quindi non c’è il rischio che possano battersi
tra loro. All’inizio del passo è Orlando a cadere nel tranello, inseguendo un’immagine che ha le
sembianze di Angelica rapita da un cavaliere, mentre in seguito tocca la stessa sorte a Ruggiero,
convinto che Bradamante sia portata via da un gigante; il racconto si ricollega a quanto narrato in
XI.13-20, anche se in quel caso la narrazione restava “sospesa” e riprende qui spiegandoci cosa è
successo (è la consueta tecnica usata dall’autore). Il castello vuol essere una metafora della vita
umana, in cui spesso cerchiamo affannosamente qualcosa che non riusciamo a trovare e perdiamo
tempo e fatica inutilmente, tema già espresso dalla selva del canto iniziale e, più avanti, dalle cose
perdute sulla Terra che Astolfo ritrova sulla Luna, tra cui ovviamente anche il senno di Orlando
La vera Angelica compare inaspettatamente nel castello e ne vanifica l’incanto grazie al suo anello
magico, di cui è rientrata in possesso quando Ruggiero l’ha salvata dall’orca, quindi libera
dall’incantesimo Orlando, Sacripante e Ferraù che si lanciano ancora una volta al suo inseguimento
e restano di sasso quando lei diventa invisibile per schernirli. Angelica si mostra nuovamente come
donna astuta e calcolatrice, che vorrebbe la scorta di Orlando o del re di Circassia per raggiungere
sana e salva il Catai, ma non pensa minimamente di concedersi a nessuno dei due; quando li ha
trovati pondera a lungo quale sia la scelta migliore, risolvendosi infine a prendere Sacripante in

quanto, benché meno valoroso di Orlando, sarà più facile da “liquidare” quando non le servirà più.
Ciò non le impedisce, tuttavia, di cambiare ancora idea una volta fuori dal castello e di disprezzare
entrambi, divertendosi anche a vederli girare a vuoto mentre lei si è resa invisibile (ritorna il tema
della ricerca vana già espresso dalla metafora del castello). Lo stesso atteggiamento cinico e
calcolatore da parte di Angelica si era visto nel canto I, quando aveva incontrato fortuitamente
Sacripante e lo aveva blandito con false carezze al solo scopo di ottenere il suo aiuto per uscire
dalla foresta.
Ferraù è privo dell’elmo poiché il suo, o meglio quello di Argalìa, era finito nel fiume e lo spettro
del guerriero da lui ucciso lo aveva rimproverato e invitato a procurarsene uno in battaglia, per cui
lui aveva giurato di conquistare quello di Orlando già posseduto da Almonte, il fratello di Troiano
ucciso in Aspromonte. Nel seguito dell’episodio tra Ferraù e Orlando nascerà un diverbio e i due
inizieranno a duellare, con Orlando che si toglie l’elmo per non avere un vantaggio sull’avversario;
Angelica per schernirli porta via l’elmo approfittando della sua invisibilità e Ferraù poco dopo
riuscirà a prenderlo, tenendo fede al giuramento ma in modo truffaldino e poco cortese (XI.58-60).
Orlando si riprenderà l’elmo quando ucciderà Ferraù nell’ultimo duello, episodio tuttavia estraneo
al Furioso.