Alzheimer

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l'Alzheimer
l’Alzheimer

Scoprire l’Alzheimer anni prima che i sintomi si manifestano, con un semplice test del sangue. La scoperta, che arriva proprio nella settimana mondiale dedicata al cervello, è stata presentata sulle pagine di Nature Medicine e promette di rivoluzionare la diagnosi della malattia, e quindi del trattamento, visto che il test ha mostrato oltre il 90% di accuratezza. L’esame potrebbe arrivare nella pratica clinica già nel giro di due anni.

Al momento la diagnosi di Alzheimer, che oggi colpisce oltre 35 milioni di persone e che nel 2050, secondo le stime, coinvolgerà oltre 110 milioni di persone (vedi Galileo: Casi triplicati entro il 2050), è fatta per lo più tramite esami di imaging cerebrale, e in alcuni casi attraverso prelievo di liquido cerebrospinale alla ricerca di proteine connesse alla malattia (come beta amiloide e tau). Contro la patologia non esiste una vera e propria cura, ma solo dei trattamenti, non efficaci al 100%, in gran parte dei casi si pensa proprio perché somministrati in una fase avanzata della malattia, quando non è più possibile arrestare il danno neurologico.

Per questo una diagnosi che sopraggiunga prima della conclamazione dei sintomi potrebbe migliorare l’andameto della malattia. Ma prima di tutto è necessaria scoprirla precocemente la malattia. Proprio quello che promette di fare il test del sangue messo a punto da Howard J. Federoff della Georgetown University Medical Center e colleghi, che può predire il rischio di declino cognitivo e Alzheimer fino a tre anni prima che questi si manifestino, andando alla ricerca di specifici marcatori. Ma come?

In questo caso la scoperta dei marcatori è arrivata dopo la diagnosi di Alzheimer. Infatti gli scienziati hanno prima arruolato un gruppo di oltre 500 settantenni, li hanno seguiti negli anni per monitorare lo sviluppo di deficit cognitivi come l’Alzheimer, e hanno confrontato le sostanze presenti nel sangue nei soggetti di quelli che sviluppavano la malattia con quelli rimasti sani nel tempo. I ricercatori hanno così scoperto che la differenza – i marcatori – nel sangue dei malati e non, era nei livelli di una decina di sostanze, per lo più grassi (olipidi), come i fosfolipidi, le molecole che costituiscono le membrane cellulari (forse prodotte appunto dalla rottura delle membrane dei neuroni e sintomo precoce dineurodegenerazione). Successivamente gli scienziati hanno testato anche il potere predittivo dei marcatori da loro identificati, scoprendo che riuscivano a misurare il rischio di sviluppare Alzheimer con il 90% di accuratezza, come racconta Science Now.

“I nostri risultati sono un passo importante verso la commercializzazione di test preclinico della malattia che potrebbe essere utile per lo screening su larga scala per identificare i soggetti a rischio”, ha commentato Federoff, concludendo: “Stiamo progettando uno studio clinico in cui useremo questo panel di marcatori per identificare le persone ad alto rischio di Alzheimer per testare un agente terapeutico che potrebbe ritardare o prevenire l’insorgere della malattia.”

Riferimenti: Nature Medicine doi:10.1038/nm.3466