ALESSANDRO TASSONI

ALESSANDRO TASSONI

ALESSANDRO TASSONI


Il genere dell’epica nel Seicento si collega in gran parte al Cinquecento di Tasso in cui da un lato troviamo la riscoperta della Poetica aristotelica e dall’altro, con la Gerusalemme liberata (1575), abbiamo una coerente e piena espressione dei valori culturali, morali e ideologici dell’età del Manierismo e della Controriforma uniti al rigore strutturale e finalistico propugnato nei libri della Poetica. Il Seicento presenta una ricca produzione di poemi eroici; molti scrittori si accontentano di imitare, senza produrre nulla di originale e la qualità resta modesta. Autori come Chiabrera , Bracciolini , si cimentano nella stesura di opere eroiche ma nessuno dei poeti epici del Seicento diede vita a qualcosa di valore lasciando il modello tassiano in evidente declino. Il seicento fu un periodo di scherzi, burle, satire, ma non ebbe veri poeti del comico. L’epica, senza aver prodotto in Italia un grande poema seicentesco, cede il posto alla poesia eroicomica, vera rivoluzione originale nel campo delle opere di ampio respiro. Il rifiuto di un classicismo cieco rende una della caratteristiche principali del secolo il rovesciamento radicale dei criteri costitutivi. Da un punto di vista dell’evoluzione letteraria venivano ormai sentiti come antiquati coloro che si sforzavano di rispettare le regole che Tasso aveva fissato nei Discorsi del poema eroico e messo in atto nella Gerusalemme liberata. Valori come l’imitazione del vero, o della superiorità dell’argomento storico rispetto a quello di fantasia, non sono più sentiti come valori fondamentali. Il poema eroicomico assumeva lo stesso metro del poema eroico, l’ottava, e ne riprendeva i temi, stravolgendoli però nel ridicolo ed eliminando dunque il principio tassiano di un poema epico di argomento “virtuoso e pietoso” . Da questo contesto nasce la parodia del genere epico, di cui Tassoni fu iniziatore insieme al contemporaneo Bracciolini. Tassoni fu un polemista, in tutte le sue opere mostra il suo atteggiamento contrastante la società del tempo, vuole apparire ad ogni costo come un rivoluzionario che voleva demolire il vecchio mondo culturale. Satireggiò le cattive abitudini poetiche dei suoi contemporanei, fece parodie sul poema eroico e cavalleresco. La sua fama è data principalmente dalla pubblicazione della secchia rapita con il quale propose questo nuovo genere narrativo il ” poema eroicomico”.
Alessandro Tassoni nacque a Modena nel 1565, di nobile famiglia. Studiò filosofia, legge e retorica a Bologna, Pisa e Ferrara. Divenne segretario a Roma dell’ambasciata del duca Emanuele I di Savoia, che lo scrittore riteneva “il più magnanimo principe che abbia la nostra età”, ammirandone la politica d’indipendenza nei confronti della Spagna. I suoi forti sentimenti anti-spagnoli animano un’opera di oratoria politica, tra le sue opere ricordiamo: Le filippiche, che rappresenta una delle poche espressioni letterarie della protesta contro la dominazione straniera, ovvero contro il re Filippo II. Attraverso queste operette, che comparvero anonime nel 1615 ma che gli sono ormai attribuite con certezza, Tassoni invitava i principi italiani a ribellarsi, seguendo appunto l’esempio del duca di Savoia Carlo Emanuele. Successivamente si ritirò a vita privata, risiedendo per lo più a Roma. Dopo un periodo passato al servizio del cardinal Ludovisi (1626-32), rientrò a Modena con il titolo di «gentiluomo di belle lettere» dal duca Francesco I, restando alla corte estense fino alla morte (1635). Le biografie lo descrivono come un uomo dal carattere stravagante, amante del paradosso e ricco di contraddizioni, polemico, dall’ingegno vivace ed estroso .Lo scopo dichiarato dal poeta era quello del divertimento e non un’elevazione morale o religiosa del lettore; il suo strumento è la sperimentazione di una nuova costruzione letteraria, Tassoni aggiunge inoltre, con estrema varietà di materiali e di stili, episodi cavallereschi, lirici, idilliaci e pa¬rodie mitologiche.
«La secchia rapita scritta nel 1615 e stampata nel 1622 è composta da dodici canti in ottavi, contiene una impresa mezza eroica e mezza civile, fondata su l’istoria della guer¬ra che passò tra i Bolognesi e i Modenesi al tempo dell’imperatore Federico secondo. La secchia rapita prende il nome dal furto di un secchio di legno sottratto dai Bolognesi ai loro nemici Modenesi durante il corso di una guerra tra le due città. L’autore parla di un’impresa “mezza eroica” e si prende la libertà di invertirne l’ordine: il furto della secchia, che nel poema dà l’avvio alla guerra, av¬venne in realtà alcuni secoli dopo i fatti che nel poema concludono il conflitto.
L’azione si svolga nel secolo XIII al tempo dell’imperatore Federico II e del suo alleato Ezzelino III, ma i riferimenti alla contemporaneità sono numerosi come pure non mancano riferimenti polemici di carattere personale che contribuiscono a vivacizzare i personaggi. Il poeta trae ispirazione da un fatto realmente accaduto nel 1325, quando i Bolognesi, fatta irruzione nel territorio di Modena, furono respinti ed inseguiti fino alla loro città dai Modenesi, che, fermatisi presso un pozzo per dissetarsi, portarono via come trofeo di guerra una secchia di legno. Tassoni immagina che, al loro rifiuto di riconsegnare la secchia, i bolognesi dichiarino guerra ai modenesi. Alla fine il conflitto si conclude con l’intervento del legato pontificio a queste condizioni: i Bolognesi si tengano prigioniero re Enzo, i Modenesi si tengano la secchia.
Alla guerra partecipano, distribuiti tra le due parti, gli dei dell’Olimpo. A favore dei modenesi combattono personaggi storici come re Enzo, figlio dell’imperatore Federico II, e personaggi immaginari, come la bella guerriera Renoppia, che comanda una schiera di donne, ed il conte di Culagna, vile e ipocrita, che rappresentava alla perfezione una categoria di uomini che il Tassoni disprezzava. Così come fonde insieme personaggi storici e personaggi immaginari, Tassoni rappresenta insieme, vicende fantastiche, fatti storici della lotta tra Modena e Bologna. La guerra per la secchia rapita si protrae a vicende alterne, fra battaglie, duelli, tregue e tornei, intercalati da episodi comici e burleschi, che hanno spesso come protagonista il conte di Culagna, un curioso antieroe, accanto a lui vi sono personaggi alquanto ambigui come la moglie del conte Renoppia e l’amante di lei Titta.
La bellezza del testo è da ricercarsi, tra le altre cose, proprio nella caratterizzazione di personaggi come il Conte. Nonostante Tassoni non approfondisca mai l’aspetto psicologico, soprattutto a causa dell’azione frenetica e costante che domina il testo, i personaggi restano comunque interessanti; soprattutto la figura del conte, che ben rispecchia il carattere polemico di Tassoni. Si individuano nell’opera momenti simpatici come il Concilio degli Dei, il conte di Culagna che avvelena la moglie ecc.. Una gradevole opera di letteratura anche se a tratti monotona.