Alessandro e i prigionieri della Sogdiana

Alessandro e i prigionieri della Sogdiana

Alessandro e i prigionieri della Sogdiana


Alessandro e i prigionieri della Sogdiana (Versione numero 21 pag 302 del libro: Corso di lingua latina per il biennio 14-25; autore: Curzio Rufo)

Ex captivis Sogdianorum ad regem triginta nobilissimi perducti erant. Qui, ut per interpretem cognoverunt iussu regis ipsos ad supplicium trahi, carmen laetantium modo canere, tripudiisque et lasciviori corporis motu gaudium quoddam animi ostentare coeperunt. Rex admiratus tanta magnitudine animi oppetere mortem, revocari eos iussit, causam tam effusae laetitiae, cum supplicium ante oculos haberent, requirens. Illi, si ab alio occiderentur, tristes morituros fuisse respondent; nunc a tanto rege, victore omnium gentium, maioribus suis redditos honestam mortem, carminibus sui moris laetitiaque celebrare. Tum rex admiratus magnitudinem animi: “Quaero”, inquit, “an vivere velitis non inimici mihi, cuius beneficio victuri estis?” Illi nunquam se inimicos ei fore respondent. Et regi interroganti, quo pignore fidem obligaturi essent, vitam quam acciperent pignori futuram esse dixerunt; reddituros quandoque repetisset. Nec promissum fefellerunt. Nam, qui remissi domos erant nulli Macedonum in regem caritate cesserunt.

Erano stati condotti dal re i trenta uomini più nobili tra i prigionieri tra di Sogdiana. Questi appena vennero a sapere per mezzo dell’interprete che loro stessi venivano portati al supplizio per ordine del re, iniziarono a cantare un canto come di uomini gioiosi e a mostrare una certa allegria dell’animo con balli e con il movimento licenzioso del corpo. Il re, meravigliandosi che affrontassero la morte con tanta grandezza d’animo, ordinò che quelli venissero richiamati, per chiedere il motivo di tanta eccessiva gioia, pur avendo il supplizio davanti agli occhi. Quelli risposero che, se fossero stati uccisi da un altro, sarebbero morti tristi, ma adesso, restituiti ai loro avi da un così grande re, vincitore di tutte le genti, celebravano l’onesta morte con canti e gioia. Così il re, meravigliandosi della grandezza d’animo disse:” chiedo se vogliate vivere come miei amici (lett. non nemici a me)”. Quelli risposero che mai sarebbero stati suoi nemici. E, al re che chiedeva riguardo con quale pegno avrebbero garantito la fiducia, dissero che il pegno sarebbe stato la vita e, quando l’avesse richiesta, gliel’avrebbero restituita. E non  ingannarono la promessa. Infatti coloro che erano stati rimandati a casa non furono inferiori a nessuno dei Macedoni nella carità al re

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