ALBERT SPEER

ALBERT SPEER

ALBERT SPEER


Albert Speer nacque a Mannheim, nel Baden-Württenberg, nel 1905. Seguendo le orme di suo padre e di suo nonno, studiò per diventare architetto. Negli anni del Terzo Reich conobbe ancora giovane una straordinaria fama grazie alla profonda impressione suscitata dai suoi grandiosi progetti in Hitler, che ne fece l’architetto principe della Germania nazista. Nel corso degli anni ’30 Speer progettò su incarico personale del Führer diverse infrastrutture faraoniche (in parte mai realizzate o ultimate), come la Cancelleria di Berlino, e contribuì alla costruzione dello splendido rifugio del dittatore nazista sulle Alpi bavaresi, il mitico Berghof dalla vetrata a bilico mozzafiato, del quale il pittore e architetto fallito Hitler volle co-curare vedute e alzati. In quel periodo l’architetto del Reich divenne progressivamente un confidente di Hitler, il quale lo introdusse nella sua cerchia più esclusiva.
Al momento dello scoppio della seconda guerra mondiale, Speer dovette accantonare molti progetti ma assunse un rilevante ruolo politico-organizzativo, che nel 1942 culminò nella sua nomina a ministro per gli Armamenti del Terzo Reich. Succedette al defunto Fritz Todt, che aveva ricoperto quel ruolo con grande efficienza: l’organizzazione da lui creata e che portava il suo nome si era distinta per imprese come la rapida costruzione della Linea Sigfrido, le fortificazioni sulla frontiera tedesco-francese. Speer non era qualificato quanto il suo predecessore per il gravoso compito assegnatogli dal Führer, ma compensò le sue mancanze dedicandosi anima e corpo alla sua missione, che consisteva nel fornire al fronte quante più armi possibile; per farlo doveva soprattutto provvedere alla ricerca di manodopera per le agonizzanti fabbriche del Terzo Reich (tra le quali un trattamento di favore era riservato a quelle che producevano i famigerati missili V2, le ‘armi segrete’ che secondo Hitler avrebbero cambiato le sorti della guerra). Anche a causa dell’ideologia nazista, che proibiva l’impiego su vasta scala di manodopera femminile, Speer si trovò a dover reclutare e impiegare nelle sue fabbriche, in larghissima parte coattamente, moltissimi lavoratori dai Paesi occupati e anche dai campi di concentramento, cosa quest’ultima che cercava di evitare per non dar modo a Heinrich Himmler, capo delle SS e responsabile dei campi, di interferire nelle sue decisioni.
L’architetto del Reich era tutt’altro che un santo e in diverse occasioni sollecitò misure drastiche contro quelli che definiva “fannulloni”, ma non aveva la stessa folle crudeltà dei suoi colleghi. Anzi, in diversi casi sollecitò un incremento nelle razioni giornaliere di cibo per i suoi operai, i quali erano divisi gerarchicamente per razza: i polacchi e i russi, che si trovavano sul gradino più basso, ricevevano trattamenti vicini a quelli dei campi di concentramento e molti morivano di stenti. Va precisato che la principale ragione per la quale Speer richiese a più riprese qualche miglioramento nelle condizioni di vita dei lavoratori stranieri era che le sue fabbriche soffrivano di un grande deficit di manodopera e perciò non potevano permettersi di perdere neppure un uomo; tuttavia le sue richieste scritte furono ampiamente usate dalla sua difesa al processo di Norimberga come prova della sua umanità e della sua natura diversa da quella degli altri criminali nazisti.
Negli ultimi mesi del conflitto, i rapporti tra Speer e Hitler si incrinarono a causa della sincerità del ministro degli Armamenti, che aveva fatto presente al Führer che la guerra era perduta, e soprattutto per la coraggiosa resistenza di Speer agli ordini del dittatore nazista di distruggere ogni cosa in Germania prima dell’arrivo degli Alleati. Così l’architetto del Reich, che per anni era stato uno dei pupilli di Hitler, fu escluso dal governo nominato dal Führer nel suo testamento politico. Pochi giorni dopo la fine della guerra, Speer fu catturato e condotto a Norimberga, città nella quale aveva progettato diversi edifici per i congressi annuali dello NSDAP, per essere sottoposto a processo insieme agli altri gerarchi nazisti.
Nel corso del procedimento giudiziario, Speer decise di collaborare con gli inquirenti: possiamo affermare con una buona dose di sicurezza che egli lo fece non perché pentitosi dei suoi misfatti (o almeno non solo per questo), quanto per salvarsi la pelle. Nei suoi interrogatori, l’architetto del Reich non solo ammise le proprie colpe, ma confermò anche il ruolo degli altri gerarchi processati nelle atrocità perpetrate negli anni del Terzo Reich. Così egli indebolì pesantemente la strategia assunta da quasi tutti gli altri imputati, che consisteva nel negare ogni responsabilità diretta, e minò la posizione dominante di Göring, che di quella strategia era l’ispiratore. Gli inquirenti, in cambio delle grandi facilitazioni apportate dalla condotta di Speer al loro compito, molto probabilmente usarono la loro influenza sui giudici per far sì che la condanna dell’architetto del Terzo Reich fosse ridotta.
Speer, nonostante qualche merito finale, come quello di essersi valorosamente opposto allo spietato ordine di Hitler di fare terra bruciata in Germania di fronte all’avanzata degli Alleati, era colpevole di crimini contro l’umanità e responsabile della deportazione e della morte di milioni di lavoratori quanto diversi gerarchi nazisti che a Norimberga finirono sulla forca, ma con le sue manovre da pentito riuscì ad evitare la condanna capitale. Per dare ulteriore forza alla sua difesa, il ministro degli Armamenti del Terzo Reich dichiarò di aver progettato di assassinare Hitler all’inizio del 1945 mediante l’uso di un gas; a suo dire, il progetto non prese forma solo perché il luogo dove si sarebbe dovuto consumare, il bunker della Cancelleria di Berlino, non presentava le condizioni architettoniche necessarie perché il gas potesse risultare letale a Hitler. Le beffe della storia.
Grazie alla sua tattica opportunistica e all’impressione di sincero pentimento che seppe trasmettere, Albert Speer, pur riconosciuto colpevole dei capi di imputazione tre e quattro (crimini di guerra e crimini contro l’umanità), fu condannato a soli vent’anni di reclusione nel carcere per prigionieri nazisti di Spandau.
Scontata la pena tentò invano di riprendere la sua professione di architetto, frenato nei suoi intenti dalla fama che lo precedeva. Così si ritirò a vita privata, lucrando sulle sue memorie di ‘nazista che ha chiesto scusa’, nelle quali minimizzò le sue responsabilità nelle efferatezze del Terzo Reich. Morì nel 1981 a Londra.
Al processo di Norimberga al momento della lettura della sentenza a suo carico, Speer sospirò profondamente; tuttora si dibatte sulla natura di quel sospiro: era l’architetto del Terzo Reich sollevato per una condanna palesemente troppo bassa se paragonata alle sue colpe, oppure era deluso perché, in virtù del suo comportamento in aula, sperava di ricevere un trattamento addirittura migliore?
BIBLIOGRAFIA
-Fontette, François de, Il processo di Norimberga, Roma, Editori Riuniti, 1997.
-Shirer, William L., Storia del Terzo Reich, Milano, Fabbri Editori, 1978.