Agricoltura nel 600

Agricoltura nel 600


È il punto di forza delle società preindustriali.
All’inizio del XVII secolo l’espansione dell’agricoltura si interrompe: i prezzi dei cereali si
abbassano; le superfici coltivate diminuiscono al di fuori di alcune aree (Inghilterra, Olanda e
alcune regioni francesi). Diminuiscono anche le rese, cioè il rapporto semente-prodotto; si afferma
la tendenza a passare dalla cerealicultura all’allevamento.
Ci fu quindi un mutamento di congiuntura agraria tra la fine del 500 e i primi decenni del 600.
I prezzi dei cereali diminuirono rispetto a quelli delle altre merci e ai salari, la ragione di scambio fu
quindi sfavorevole ai cereali. La contrazione in agricoltura non significò crisi globale: toccò i
cereali più di altri settori; le economie diversificate furono quindi favorite.
I paesi produttori ed esportatori furono toccati per primi e più gravemente che gli importatori: i
primi (i Paesi Baltici) furono sfavoriti, i secondi (i Paesi Bassi) furono favoriti.

La piramide sociale si accorciò: diminuirono i contadini proprietari e i piccoli coltivatori.

La crisi arrestò un processo di formazione, sia pure parziale, di risorse e di ceti orientati in senso
capitalistico in alcune agricolture regionali. La superficie a coltura diminuì.
Ci furono passaggi da coltivazioni a prati e pascoli, aumentò l’allevamento delle pecore con
conseguente maggiore produzione di lana.
Aumentarono le grandi proprietà estensive.