A MIA MADRE PARAFRASI
di Eugenio Montale
da La bufera e altro sezione Le Finisterre Mondadori, Milano, 1956
Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce dal sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un’ombra la spoglia
(e non è un’ombra,o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto di una
vita che non è un’altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell’esilio
folto d’anime e voci in cui tu vivi.
E la domanda che tu lasci è anch’essa
un gesto tuo, all’ombra delle croci.
Intenzione comunicativa
In questo testo, scritto durante i difficili anni della seconda guerra mondiale, l’autore si intrattiene in colloquio con la madre da poco defunta. Intenzione dell’autore è esprimere l’amore profondo per colei che gli diede la vita, che sopravvive alla morte grazie al ricordo che ha lasciato, dentro di lui, del suo corpo, dei suoi gesti, delle sue parole.
Struttura del testo
Il testo di Eugenio Montale è formato da 3 strofe dì diversa lunghezza con la presenza di versi liberi, tutti endecasillabi (compreso il 6° al quale va sommato il 7°); non vi è un sistema fisso di rime, ma queste sono comunque presenti (clivi – vivi; rotta – lotta; ombra – sgombra; coturnici – croci;)
Analisi dei testo
Il poeta, rivolgendosi alla madre, ritorna, con affetto, sopra una questione che li vide in disaccordo. In garbata polemica, egli sostiene che solo la memoria del corpo sepolto, dei gesti, del volto sopravvivono alla morte e non, come sosteneva la madre, l’anima.
Parafrasi interpretativa
Chi ti proteggerà, madre, se cedi il tuo corpo (come se fosse l’ombra e la prigione dell’anima), adesso che il canto delle coturnici (genere di uccelli comprendente quattro specie provenienti dal vecchio mondo e dall’Australia, come ad esempio la quaglia) rende meno atroce la tua morte (Montale, ateo, non crede ad una esistenza dopo la morte, che non sia nel ricordo) volando a schiera sopra la tua tomba, diretta verso i clivi vendemmiati del Mesco (promontorio delle Cinque Terre in Liguria), adesso che gli uomini si uccidono tra loro (c’è la guerra, probabilmente la 2° guerra mondiale). La via che conduce all’aldilà non esiste, l’unico modo per sopravvivere è quello di riproporre alla memoria dei superstiti i precisi connotati fisici (solo due mani, un volto, «quelle» mani, «quel» volto) che distinguevano in vita quelle determinate persone. Solo questo ti distingue nel mio ricordo affettuoso dall’immagine di altre persone meno intensamente ricordate. E anche la domanda che tu mi lasci; proprio la tua richiesta, di non curarmi del corpo ma dell’anima, ti distingue dalle altre persone morte.