Testo e parafrasi della poesia Vento a Tindari

Testo e parafrasi della poesia Vento a Tindari

di Salvatore Quasimodo


TESTO

Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull’acque
delle isole dolci del dio,
oggi m’assali
e ti chini in cuore.

Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m’accompagna
s’allontana nell’aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d’ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d’anima.

A te ignota è la terra
Ove ogni giorno affondo
E segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.

Aspro è l’esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d’armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo al buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.

Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m’ha cercato.


PARAFRASI E COMMENTO

I sequenza

Descrizione  del paesaggio e memoria del suo passato

Tindari ti ricordo mite, (personificazione ripresa nella terza strofa)

tra colli ampi sospesa sull’acque

delle dolci isole del dio Eolo,

oggi mi assali

e mi ti presenti in cuore, quasi in preghiera

perché io ricordi.

        II sequenza

Il vento, anche simbolicamente inteso, lo riporta indietro

Salgo vertici sospesi su aerei precipizi,
assorto mentre il vento  soffia tra i pini, (equivalenza)

e la brigata d’amici, che mi accompagna

leggera d’allegria da me

s’allontana nell’aria svanendo,

come onda di suoni e amore,           

—-analessi, come processo rimemorativo- e recupero regressivo della memoria

memoria di una donna)
mentre tu (donna ?),  da cui sfortunatamente

mi allontanai,  mi catturi

e affiorano paure d’ombre                     

e di silenzi del passato,
un tempo rifugi di dolcezze
ed ora, al ritorno, morte dell’anima.
          confessione e lamento per la condizione attuale
A te, 
è ignota la terra
ove ogni giorno vivo con pena
nutrendomi in segreto di sillabe:
       Lei continua ad apparire sui vetri

in quei momenti in un’altra luce

si sfogliano le immagini di te (che amai)

sui vetri nella veste notturna
e una gioia perduta ormai
riposa nel tuo seno.
l’esilio tronca ogni speranza di felicità, perché insanabile  frattura tra passato e futuro

Amaro è l’esilio
e la ricerca di armonia

che era racchiusa in te       (al tempo del nostro amore)
oggi si trasforma
in ansia prematura di morte;
e ogni nuovo amore è solo

scherno alla tristezza,
rassegnato passo nel buio
della città dove tu mi hai posto

a spezzare pane amaro pane.(inversione)
        ritorno al presente, alla brigata di amici (chiusura circolare)
Ma ecco Tindari torna serena;
un soave amico mi richiama
dallo sporgermi da una rupe

nel burrone ed faccio finta

di avere paura a lui che  non sa
quale vento di  pensieri

mi ha trascinato nel passato.


La struttura

Sul piano strutturale, come ci mostra la rappresentazione grafica sopra delineata, la prima parte “Tidari, mite ti so….””  è volta a richiamare la bellezza dei luoghi, che puntualmente provoca nell’io lirico dell’autore la memoria del passato. L’avvio della trama è rappresentata ironicamente dal primo cerchio, che si chiuderà con un processo circolare “Ma ecco Tindari torna serena”

Si sviluppa, quindi, una nuovo percorso, questa volta di tipo autodiegetico (in cui l’io lirico dell’autore ricorda momenti della sua esperienza passata), raffigurato nel secondo cerchio, su cui sono riportati i vari spunti narrativi (microsequenze).

Essi possono così essere sinteticamente ordinati:

Il volo associativo (processo rimemorativo) riporta il ricordo del rapporto con  una donna amata “…e tu mi prendi”, definito  mirabilmente  come “la ricerca che chiudevo in te d’armonia”.  Si tratta di un’espressione  polisemantica  (*) che, seppur di complessa decifrazione, indicherebbe nell’amore dell’altro da sé (in questo caso la donna) il contemperamento di ogni pulsione umana (armonia) 

 

Il ricordo della donna amata mette a raffronto nelle sua anima la condizione passata, ricca di attese e quella presente, amara di affetti e vuota di prospettiva, nella quale il poeta “affonda” (il termine è di ricco valore semantico, che nasce dalle  nuove valenze connotative  (*) ad esso assegnate.)

L’insoddisfazione della condizione presente  alimenta “ ansia precoce di morire;” ed ogni nuovo amore non costituisce un momento positivo di gioia ma solo uno “ schermo alla tristezza”,  “passo al buio” in un luogo dove è stato posto “amaro pane a rompere”. L’inversione (*) (“amaro pane a rompere”  anzi che  “rompere amaro pane”) proprio del costrutto in prosa, oltre che aggiungere  sfumature di indeterminatezza, si pone in correlazione di consonanza (*) con  “in ansia precoce di morire” dei versi precedenti. Torna qui uno dei temi più cari a Quasimodo: la lontananza dalla terra natia, che, vissuta come esilio, provoca in chi la subisce una frattura psicologica insanabile, al punto da apparire  una delle più gravi condanne che la sorte possa assegnare ad un individuo. Dal punto di vista sociologico appare evidente la distanza del pensiero di Quasimodo dalla visione moderna di trasferimento spaziale, che, temperata indubbiamente anche dai vantaggi offerti dai nuovi mezzi di comunicazione (le reti telematiche), viene vissuta come occasione di nuove opportunità da cogliere.. In Quasimodo l’allontanamento equivale all’esilio ed i suoi versi sono un canto di testimonianza del dramma di tante generazioni di emigranti del Mezzogiorno d’Italia.

L’ultima strofa segna il ritorno alla realtà dopo i turbamenti del volo nel passato determinato dalla visione dei luoghi e si colloca in posizione correlativa con la prima, che aveva segnato il punto di partenza del viaggio. 

Analisi del testo: Il livello stilistico

La lirica ha inizio con la  descrizione  del paesaggio di Tindari, che Quasimodo prova a rendere, seguendo procedimenti analogici tipici dell’Ermetismo.

sintagmi fra larghi colli pensile sull’acque” e  “Salgo vertici aerei precipizi” sono espressioni molto distanti dal linguaggio comune e rispetto ad esso in posizione di forte dissociazione , in quanto Tindari non può essere pensile sull’acque né i vertici aerei possono essere precipizi.

Eppure solo tale dissociazione, che segue un procedimento analogico(*) e non logico, rende davvero l’idea della tipicità dei luoghi. Si tratta della lezione di  Mallarmè, mediata dagli ermetici sulla purezza del non essere. In senso ristretto la soppressione di termini di connessione, (da ciò la determinazione del non essere), assume grande rilevanza poetica. Abile anche la disposizione ossimorica (*)  di “vertici” e “precipizi” che  vengono coniugati dall’interposto termine “aerei”, che ambiguamente si connette ad ambedue.

Similmente nel verso  “assorto al vento dei pini “,  e in quello successivo  “ e la brigata che lieve m’accompagna,  s’allontana nell’aria” Quasimodo  ricorre alla figura retorica della  “metonimia” (*), dal momento che non sono i pini a produrre il vento bensì è il vento che agita i pini, come non è la brigata che si allontana nell’aria bensì il suono delle sue voci. La rottura del dettato logico, insomma, determinando accostamenti inusuali dei termini nominali, crea forme sintagmatiche nuove di forte pregnanza poetica.